obama for president XD

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  1. Scott_Bakula
     
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  2. D-EVON
     
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    ho i brividi per questo video...non oso immaginare cosa succederebbe se REALMENTE (perchè sinceramente non ho ancora capito come faranno per l'impianto del chip obbligatorio per la popolazione) spero ma spero vivamente con tutta l'anima e il cuore che nulla di tutto questo accada..ma ho la consapevolezza che il tempo sta per scadere e noi (forse io) non sappiamo ancora come difenderci da questi nazisti dittatori. quali saranno le nostre armi? le sfere di energia? la realtà olografica? si ok ci possono aiutare....ma poi? che ne sara di quella gente che si rifiuterà di portare il chip? (io saro uno di quelli) ci riuniremo tutti i nu na grande comunità i margini della "società bene"? ci sto ma vogliio armi per combattere e sangue freddo (quello nn te lo da nessuno se non ce l'hai nel tuo corredo genetico)..però le armi si..o non serviranno?...la guerra inizierà tra quanto? non ho esperienza militare ma sono pronto lo stesso ehehe. scusate se ho frneticato troppo....CHI SI ARRUOLA?
     
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  3. Scott_Bakula
     
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    io faccio laserbeam gioco a crysisi da una vita so cosa fare e faccio karate e presto inizio parkour XD io sn apposto. so solamente che dobbiamo svegliarci, armarci e fare piu attentati possibili XD XD image
     
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  4. D-EVON
     
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    porca miseria quanta roba..io con le pistole ci so fare e anche con gli shuriken e katane e tanto...ma sport fisici porka miseria quelli si che mi mancano. laserbeam per esempio mi piacerebbe farlo..ma qui a roma non so se ci sono centri dove si gioca a laserbeam. parkour..see co la panza che me ritrovo al massimo rotolo giu per i pendii...potrei fare il medico energetico però. armato ma comunque medico...adesso dico na cazzata (tipo sakura in naruto) ma quello è un cartone a nimato anche se ha dei risvolti interessanti.
     
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  5. Scott_Bakula
     
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    XD ciao sakura XD no cmq io ho una sala laser nel paese vicino a me e vado una volta al mese. domenica tra l'altro c vado insieme ai miei amici
     
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  6. Percezione_90.3
     
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    State dicendo un po' di fesserie.
    Comunque è giusto opporsi con fermezza nel caso non si è d'accordo. E io sarò uno di quelli.
     
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  7. NAGUAL TOLTECO
     
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    per rispondere ai vostri dubbi farò una citazione e poi un commento alla citazione

    Dal Vangelo Segreto dei Catari
    CITAZIONE
    ...Ora so. So che la vita è un inferno e che siamo approdati in questo pianeta soltanto allo scopo di offrire in olocausto il nostro sangue ad una divinità talmente oscura e sanguinaria da far venire i brividi, per non dire di peggio. Il papiro cristico me lo ha confermato in maniera inequivocabile e spietata.

    ...Ma a un tratto i suoi lineamenti si fecero cupi oltre ogni dire, prese a tremare come un bambino e dopo essersi accertato che Monlaver vigilasse attentamente sul nostro conciliabolo notturno, con gli occhi fuori dalle orbite mi confidò che non c’era più tempo da perdere, dovevo decidermi una buona volta a buttare alle ortiche i miei studi antieretici, era venuto infatti per una questione di vitale importanza che non ammetteva remore, anche perché, specificò, aveva saputo che le armate crociate erano ormai ad un passo dal fare scattare la loro tremenda molla di morte e distruzione e forse proprio su Fonts de Bratin e Beziers. Qualcuno di molto in alto, forse lo stesso Innocenzo III, avrebbe scoperto proprio quel che lui presumeva di sapere e che aveva in animo di rivelarmi.
    E così cominciò a raccontarmi una storia che era destinata a scagliarmi per sempre nel più tenebroso degli orrori. Per prima cosa mi pregò di riflettere se non fosse il caso a questo punto di bruciare quanto avevo in animo di rendere pubblico, tutto ciò che scrivevo mancando appunto dell’unico riferimento documentale che mi avrebbe schiarito le idee e d’altronde il momento di scontro terrificante tra il catarismo e il cattolicesimo esigeva il massimo della concentrazione filosofica, poiché si era dinanzi a problematiche così spaventosamente ciclopiche per la cui comprensione non bastavano più le interpretazioni più o meno critiche dell’eresia, ci voleva uno sforzo sincero e genuino se si voleva davvero pervenire al nocciolo della questione diabolica sollevata dai catari, poiché qui non era in gioco la fede ma la Verità con la V maiuscola. E la Verità era che i catari avevano fragorosamente scoperchiato l’orribile dilemma che già tormentava a suo tempo il grande Sant’Agostino: “Si Deus est, quia Malum?” Qui non si trattava di essere a favore o contrari agli eretici, a lui premeva soltanto scoprire quali enormi segreti si celassero all’interno delle loro argomentazioni e da che cosa traessero la lugubre convinzione che il mondo non fosse stato creato da Dio, sebbene dal Diavolo. Mi consigliò poi di fare molta attenzione al clima di delazione instauratosi nell’abbazia, per cui mi metteva in guardia contro intrighi e complotti in grado di nuocere persino alla mia incolumità fisica, era venuto infatti a conoscenza che l’abate in persona aveva ordinato segretamente ad alcuni monaci ‘cattolici’ di controllare il mio lavoro intellettuale e le mie frequantazioni dentro e fuori l’abbazia, per la quale circostanza dichiarò che quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta che osava penetrare di nascosto nella mia cella. Forse qualcuno mi aveva tradito, forse avevo fatto involontariamente e velatamente delle strane allusioni sui contenuti profondi dell’eresia catara parlando di sfuggita con qualcuno dei monaci, forse qualche spia di Beziers, durante le mie saltuarie escursioni in quella città, mi aveva sentito dialogare in maniera non proprio ortodossa con strani personaggi che ne avrebbero informato subito l’abate, forse lo stesso Raimondo-Ruggero di Trencavel si era esposto in mia difesa pregando Cudecro di aprirmi una buona volta lo scrigno segreto della biblioteca, fatto sta che la mia vita era adesso in serio pericolo, anche se egli, vista la sua decennale amicizia con l’abate e con Krutick, si sarebbe adoperato energicamente per smontare tutte queste mormorazioni a mio sfavore. S’infervorò talmente nelle sue tumultuose dichiarazioni arrivando a rivelarmi che in realtà il divieto di accedere nei locali sotterranei della biblioteca nascondeva una motivazione così mostruosa sulla quale poteva avanzare soltanto ipotesi, una comunque più spaventosa dell’altra. Fra l’altro, precisò, quel divieto, contrariamente a quanto si sapeva o si dava a credere, riguardava non solo me e lui, ma persino Krutick, il bibliotecario, responsabile solo dell’entrata, poiché nei sotterranei vi sarebbero dei o almeno un locale inaccessibile a chiunque, forse sinanche all’abate stesso, un elemento tenebroso che lo tormentava da anni impedendogli il sonno. Io dissi che non capivo e lo pregai di delucidarmi a proposito di questi supposti sotterranei nei quali si dipanava la biblioteca. Ovviamente, nessuno mi aveva ancora accennato che i testi si trovassero nel sottosuolo. L’altro allora mi spiegò concitatamente che subito dopo la porta d’ingresso della biblioteca si diparte una scala di pietra che scende a spirale attorno ad una sorta di cono capoverso, con appunto sette pianerottoli che immettono nelle rispettive sezioni. Le prime sei apparentemente accessibili, ma non la settima. Ogni ingresso alle sezioni ha poi un custode, ognuno di gran lunga più potente di Krutick, ed è a questo custode che il bibliotecario propone tramite la sua intercessione i testi da portare in visione nello scriptorium. Egli dunque conosceva di persona tutti i custodi, ma non era mai potuto entrare in alcuna sezione poiché, quando lui presenta la richiesta di Krutick, il custode della sezione relativa chiude subito la porta pregandolo di aspettare il tempo necessario per l’individuazione del volume preteso. Egli pertanto era solo un tramite tra Krutick e i custodi. Ma una volta che era sceso nell’ultima sezione al sesto piano sotterraneo, mentre come al solito il custode era andato dentro a compulsare gli scaffali, lo aveva colpito il particolare sul quale prima aveva sempre sorvolato che a coprire lo spazio sottostante era stata creata una sorta di soletta di tavole in verità un pò usurate e malamente rabberciate, attraverso le cui fessure si era accertato che la scalinata scendeva ancora. E così un giorno aveva deciso di sfidare la sorte. Aiutato dal suo amico erborista Tosegi e dal suo collega Monlaver (lo stesso che in quel momento era fuori a garantire l’assoluta segretezza del nostro incontro), con una scusa che poi non era veramente tale era sceso di sotto portando con sé una tazza di un calmante da propinare al custode del sesto piano gravemente raffreddato, nel quale liquido i due erboristi avevano mescolata una piccola ma congrua pozione di un sonnifero in grado di addormentare quanto meno per un’ora persino un elefante, senza che la vittima riuscisse a rendersi conto di nulla al risveglio, e così, divelte alcune tavole, era riuscito a penetrare nello spazio sottostante, e giunto al termine della scalinata aveva potuto toccare con mano che laddove vi era in precedenza la stessa porta di legno comune a tutte le sezioni (gli stipiti, disse, apparivano ancora seppure di poco) era stato incastonato un poderoso blocco di pietra accuratamente murato e quindi del tutto inamovibile. Mi disse quindi che, se lo avessi gradito, egli si sarebbe adoperato per mettermi in contatto con un monaco che a quanto gli era dato di sapere era a conoscenza di un passaggio segreto per giungere per altra via nell’ultimo locale al settimo piano sotterraneo della biblioteca, un passaggio che lui stesso si sarebbe premunito di farsi rivelare dall’interessato e che si sarebbe potuto utilizzare nel caso se ne fosse presentata l’occasione e la necessità. Facendomi giurare che non l’avrei tradito, affermò in ultimo che i piani per giungere in quel locale diabolico stavano per essere approntati direttamente da alcuni notabili catari di Beziers e che si aspettava solo un segnale per intervenire. Dovevo dunque tenermi pronto a qualsiasi evenienza.
    Ascoltavo quelle rivelazioni e di colpo mi parve di essere stato scaraventato in un regno alieno popolato da spiriti e démoni. Un fremito mi corse su tutta la pelle. Credetti di essere non in un’abbazia, ma in un vero e proprio inferno.

    ho citato questo passo perchè questo resoconto mi ha davvero impressionato! non tanto per le rivelazioni che fà frate Favera, che per quanto scioccanti possano essere, erano tutte cose che sapevo già, ma perche è riuscito a trasmettermi perfettamente il suo grande sconvolgimento nel momento in cui gli sono cadute le pezze dagli occhi e ha scoperto la verità!
    questa vicenda mi ha così tanto impressionato che la notte stessa dopo aver finito di leggere il libro, feci un sogno agghiacciante, mi trovavo in una specie di carcere o qualcosa simile, eravamo tanti, e le guardie stavano cercando di prendermi con la forza per portarmi in una specie di sala degli orrori, una sale delle torture. e ad un certo punto pensai. merda! in che cazzo di fottutissimo inferno maledetto sono finito??? mi sono divincolato dalla stretta delle guardie e sono scappato...e mi sono svegliato!

    qual'è il punto?
    in quel momento quando stavo sognando, io non ero cosciente di essere in un sogno, in quel momento ERA TUTTO VERO e stavo per andare al macello. dopo al risveglio ho detto: era un sogno.
     
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  8. Scott_Bakula
     
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    CITAZIONE (Percezione_90.3 @ 18/8/2009, 00:41)
    State dicendo un po' di fesserie.
    Comunque è giusto opporsi con fermezza nel caso non si è d'accordo. E io sarò uno di quelli.

    nella vita bisogna scherzare U_U XD dai zio eli. cmq se bisognera opporsi io lo faro. in qualsiasi modo. che vada dall attacco terroristico o che vada dall attacco via hacker. tu ci servirai a quello XD
     
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  9. keiji85
     
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    io è da anni che penso insieme ad altri amici come sconfiggere o almeno fuggire dal futuro NWO e siamo arrivati alla conclusione che semplicemente non si può, siamo fottuti letteralmente.
     
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  10. Scott_Bakula
     
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    nn credere ci sarebbe una cosa sola da fare asd :lol: usare le loro stesse armi. loro hanno fondato una societa segreta? e noi faremo lo stesso. combattere il fuoco con il fuoco
     
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  11. NAGUAL TOLTECO
     
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    CITAZIONE (keiji85 @ 18/8/2009, 21:11)
    io è da anni che penso insieme ad altri amici come sconfiggere o almeno fuggire dal futuro NWO e siamo arrivati alla conclusione che semplicemente non si può, siamo fottuti letteralmente.

    non bagniamoci prima che piova!
    siamo fottuti solo quando siamo fottuti, e ancora non lo siamo.
    cosa fare? niente, non facciamo proprio niente. perchè loro è proprio questo che vogliono, vogliono la nostra reazione, loro mica temono una possibile rivolta del popolo, no anzi, loro la bramano ardentemente, loro sono i signori della guerra e della morte, e noi se ci rivoltassimo staremmo al loro gioco e ai loro piani, certo non dico nemmeno che dobbiamo porgere l'altra guancia e lasciarci massacrare come un branco di pecore :BEEEE!!: no!

    quello che possiamo fare è disconnetterci dal sistema, renderci alieni al sistema, estraniarci, smettere di fare il loro gioco, rifiutarci di assecondare i loro piani...
    cosa succederà se lo faremo? chi lo sà, chi può dirlo, vedremo!
    toglieranno la carta moneta e imporranno il chip come unico mezzo di scambio?
    ebbene ci rifiuteremo!
    saremo tagliati fuori dal sistema?
    tanto meglio!
    ci perseguiteranno e ci uccideranno?
    sti cazzi! chissenefrega, se potessi sceglierlo liberamente non rimarrei un minuto di più in questo maledetto inferno che è questo mondo in mano alle forze del male...
    certo non approvo gli estremismi di alcuni come i catari che si lasciavano morire deliberatamente di fame per rompere i legami con questo mondo materiale decaduto e satanico, ma nemmeno mi interessa sopravvivere in questa esistenza di basso livello schiavizzata oscura e condizionata, no, non ho tutto questo attaccamento a questa vita così com'è allo stato attuale.
    SPOILER (click to view)
    So che non avete chiaro cosa sia realmente Matrix(o Maya, che dir si voglia) come dice anche Morpheus nel film, nessuno può spiegarvi cos'è Matrix, ma se avrete la volontà di leggere questo racconto forse ve ne darà un assaggio

    (Come il principe Kamadamana spiegò al Re , suo padre, la sua scelta di vita narrando le storie di Narada e Markandeya che chiedono a Vishnu il segreto della sua Maya)

    Un gruppo di santi uomini si era riunito intorno al venerabile eremita Vyasa nella sua dimora solitaria nella foresta. « Tu che conosci l'eterno e divino ordine, il dharma » gli dissero « rivelaci dunque il segreto della maya di Vishnu ». « Chi può comprendere la maya del Dio Supremo, al di fuori di Lui ?
    La maya di Vishnu getta il suo incantesimo su tutti noi. La maya di Vishnu è il nostro sogno collettivo” - Io posso solo raccontarvi una storia tramandata da tempi remoti che narra come agì questa maya in un caso specifico, singolarmente istruttivo - I visitatori erano impazienti di udirla. Vyasa cominciò:


    C'era una volta un giovane principe, Kamadamana, « Domatore di desideri », che, comportandosi secondo lo spirito del suo nome, passava la vita praticando le più rigide discipline ascetiche. Ma suo padre, che desiderava che egli si sposasse, un giorno gli rivolse queste parole: « Kamadamana, figlio mio, che ti succede? Perché non prendi moglie? Il matrimonio porta la realizzazione di tutti i desideri di un uomo e il raggiungimento della perfetta felicità. Le donne sono la radice stessa della felicità e del benessere. Perciò va', figlio mio, e sposati ». Il giovane rimase silenzioso per rispetto verso il padre. Ma quando poi il re insistette e lo esortò ripetutamente, Kamadamana rispose:
    « Amato padre, io seguo la linea di condotta indicata dal mio nome. Il divino potere di Vishnu, che sostiene e tiene avviluppati sia noi stessi sia tutto ciò che è al mondo, mi è stato rivelato » .
    Il regale genitore si arrestò solo un momento per riconsiderare il problema, e poi accortamente imperniò le sue argomentazioni non più sul richiamo del piacere personale ma su quello del dovere. Un uomo dovrebbe sposarsi, dichiarò, per generare una prole, in modo che gli spiriti ancestrali nel regno dei padri non rimangano privi delle offerte di cibo dei discendenti e non piombino in miseria e disperazione indescrivibili.
    « Amato padre » disse il giovane « sono passato attraverso migliaia di vite. Ho sofferto morte e vecchiaia molte centinaia di volte. Ho conosciuto l'unione con la sposa e la perdita. Sono stato erba e cespuglio, albero e rampicante. Ho vissuto fra gli animali domestici e le fiere. Molte centinaia di volte sono stato un brahmano, una donna, un uomo. Ho condiviso la beatitudine delle dimore celesti di Siva, ho vissuto fra gli immortali. In verità neppure fra gli esseri sovrumani esiste varietà alcuna la cui forma io non abbia assunto più di una volta: sono stato demone, spirito maligno, guardiano dei tesori della terra; sono stato uno spirito delle acque fluviali; sono stato una ninfa celeste; sono stato anche re dei demoni-serpente, Nagaraja. Ogni volta che il cosmo si è dissolto per essere riassorbito nell'essenza , forma del Divino, sono svanito anch'io; e quando poi l'universo si sviluppava di nuovo, anch'io ritornavo all'esistenza, per vivere un'altra serie di rinascite. Senza cessare sono caduto vittima dell'illusione dell'esistenza, e sempre per aver preso moglie. « Lascia che ti narri » continuò il giovane
    « qualcosa che mi è accaduto durante la mia penultima incarnazione.
    Il mio nome in quell'esistenza era Sutapas, "colui il cui ascetismo è buono". Ero un asceta e la mia ardente devozione per Vishnu, il Signore dell'Universo, mi conquistò il Suo favore. Compiaciuto perché avevo portato a buon fine numerosi voti, egli apparve dinanzi ai miei occhi mortali, assiso su Garuda, l'uccello celeste.
    "Ti concedo un desiderio" disse. Qualunque cosa desideri sarà tua". « Al Signore dell'Universo diedi questa risposta: "Se sei compiaciuto di me, fammi comprendere la tua maya!". « " A che ti servirebbe comprendere la mia maya?" rispose il dio. "Ti concederò invece lunga vita, l'adempimento dei tuoi doveri e compiti sociali, ogni ricchezza, salute, e piacere, e figli eroici". « "Questo," dissi io "proprio questo è ciò di cui desidero liberarmi e che voglio superare". - « Il dio proseguì: "Nessuno può comprendere la mia maya. Nessuno l'ha mai compresa. Non vi sarà mai alcuno capace di penetrarne il segreto. Molto, molto tempo fa, viveva un santo veggente di nome Narada, simile agli dèi, che era figlio dello stesso dio Brahma, e pieno di ardente devozione verso di me. Come te, meritò la mia grazia, e gli apparvi, proprio come ora appaio a te. Gli concessi un desiderio e Narada chiese esattamente quello che hai chiesto tu. Benché l'avessi ammonito di non indagare oltre il segreto della mia maya, egli insistette, proprio come te. Quindi gli dissi: 'Tuffati in quell'acqua e sperimenterai il segreto della mia maya. Narada si immerse nel laghetto. Poi ne riemerse, sotto forma di fanciulla.
    « Narada uscì dall'acqua tramutato in Susil , 'la virtuosa', la figlia del re di Benares. E poco dopo, quando fu nel fiore della giovinezza, suo padre la diede in sposa al figlio del re del Vidarbha, suo vicino. Il santo veggente e asceta, sotto forma di fanciulla, sperimentò appieno le delizie dell'amore.
    A suo tempo poi il vecchio re del Vidarbha morì e lo sposo di Susil gli successe al trono. La bellissima regina ebbe numerosi figli e nipoti e fu incomparabilmente felice. «Tuttavia, col passare del tempo, fra lo sposo e il padre di Susil sorse una contesa, che in breve divenne una guerra furibonda. In una sola tremenda battaglia molti dei suoi figli e nipoti, suo padre e il suo sposo furono uccisi. E quando seppe dello sterminio, Susil si recò addolorata dalla capitale al campo di battaglia, per elevare laggiù un lamento solenne. Fece costruire una pira gigantesca e vi pose sopra i cadaveri dei suoi parenti, dei suoi fratelli, figli e nipoti, e poi, fianco a fianco, i corpi dello sposo e del padre. Con le sue stesse mani appiccò il fuoco alla pira, e quando le fiamme si alzarono gridò: 'figlio mio, figlio mio!', e allorché le fiamme ruggirono si gettò nel fuoco. La vampa divenne immediatamente fresca e trasparente; la pira divenne un laghetto e in mezzo all'acqua . Susil trovò se stessa, ma nuovamente nelle spoglie del santo Narada. Il dio Vishnu, tenendo il santo per mano, lo stava conducendo fuori del laghetto cristallino.
    « Dopo che il dio e il santo ebbero raggiunto la riva, Vishnu chiese con un sorriso ambiguo: 'Chi è il figlio del quale lamenti la morte?'. Narada ristette vergognoso e confuso. Il dio proseguì: 'Questa è l'apparenza della mia maya, dolorosa, cupa, maledetta. Nè Brahma. nato dal loto nè alcuno degli altri dèi, non Indra e neppure Siva, possono penetrare la sua insondabile profondità. Perché o come potresti tu conoscere l'imperscrutabile? « Narada pregò che gli fossero concesse fede e devozione perfette, e la grazia di ricordare quest'esperienza per tutto il tempo a venire. E chiese inoltre che il laghetto nel quale era entrato, come in una fonte iniziatica, potesse divenire un luogo sacro di pellegrinaggio e che le sue acque, grazie alla presenza segreta e perenne del dio che vi era entrato per trarre il santo fuori delle loro magiche profondità, fossero dotate del potere di mondare ogni peccato. Vishnu esaudì i pii desideri e immediatamente scomparve, ritirandosi nella sua dimora cosmica nell'Oceano di Latte , sdraiato sul serpente Ananta (infinito).
    Ti ho narrato questa storia" disse Vishnu, prima di allontanarsi allo stesso modo dall'asceta Sutapas "per insegnarti che il segreto della mia maya è imperscrutabile e non deve essere conosciuto. Se lo desideri, anche tu puoi tuffarti nell'acqua e saprai perché è così. Ma un' altra volta ero apparso di nuovo dinanzi al santo nel suo eremo e gli avevo accordato l'esaudimento di un suo desiderio. « Mostrami il potere magico della tua maya » aveva di nuovo pregato Narada, e io risposi : « Te lo mostrerò. Vieni con me “» .
    Anche questa volta con quel sorriso ambiguo sulle labbra deliziosamente incurvate. Dall'ombra amena del boschetto romito Vishnu condusse Narada attraverso una distesa desertica che avvampava come metallo sotto l'ardore impietoso di un sole infuocato. Ben presto i due cominciarono a sentire la sete. A qualche distanza, nella luce abbacinante, scorsero i tetti di paglia di un minuscolo villaggio. Viishnu chiese: « Andresti laggiù a prendermi dell'acqua? ». « Certamente, Signore » rispose il santo, e si avviò alla volta del lontano gruppo di case. Il dio si distese all'ombra di una roccia ad attendere il suo ritorno. Quando Narada raggiunse il villaggio bussò alla prima porta. Una bellissima fanciulla venne ad aprire e il sant'uomo sperimentò qualcosa che fino allora non aveva mai neppure sognato: l'incanto di quegli occhi. Sembravano quelli del suo divino Signore e amico. Rimase là a contemplarli. E scordò perché era venuto. La fanciulla, candida e gentile, gli porse il benvenuto. La sua voce fu una catena d'oro al collo del saggio. Movendosi come in una visione Narada entrò. Gli abitanti della casa furono pieni di rispetto per lui, e tuttavia per nulla intimiditi. Fu ricevuto con tutti gli onori, come un sant'uomo, e tuttavia non come un estraneo; piuttosto come una vecchia e venerabile conoscenza rimasta lontano per molto tempo. Narada rimase con loro, colpito dal loro contegno gaio e nobile, sentendosi perfettamente a suo agio. Nessuno gli chiese perché era venuto; gli parve di essere stato parte della famiglia da tempo immemorabile. E dopo un certo periodo, chiese al padre il permesso di sposare la fanciulla, il che altro non era se non ciò che in casa tutti si aspettavano. Divenne membro della famiglia e condivise con loro gli antichi oneri e le semplici gioie della vita contadina. Passarono dodici anni; ebbe tre figli. Quando il suocero morì divenne capofamiglia; ereditò la proprietà , la amministrò, allevando il bestiame e coltivando i campi. Il dodicesimo anno la stagione delle piogge fu particolarmente violenta: i fiumi si gonfiarono, torrenti si rovesciarono giù dalle colline e il piccolo villaggio fu sommerso da un'improvvisa inondazione. Una notte le capanne di paglia e il bestiame furono trascinati via e tutti fuggirono. Sostenendo la moglie con una mano, con l'altra conducendo due dei figli, e portando il più piccolo sulle spalle, Narada se ne andò in tutta fretta. Inoltrandosi nell'oscurità più profonda, sferzato dalla pioggia, si fece strada nel fango viscido, barcollando in mezzo ad acque vorticose. Il peso era più di quanto potesse sostenere con la corrente che gli portava via le gambe. D'un tratto inciampò, il piccolo gli scivolò dalle spalle e scomparve nel fragore della notte. Con un grido disperato, Narada lasciò andare gli altri bambini per riacciuffare il più piccolo, ma era troppo tardi. Intanto la piena trascinò via veloce gli altri due, e prima che si potesse rendere conto del disastro, gli strappò dal fianco la sposa, gli tolse il terreno sotto i piedi e come un tronco d'albero lo precipitò a capofitto nel torrente. Privo di sensi, Narada si arenò infine su una piccola roccia. Quando tornò in se, aprì gli occhi su una vasta distesa di acqua melmosa. Potette solo piangere e svenire.
    « Figliolo! » udì dire da una voce conosciuta, che quasi gli arrestò il cuore. « Dov'è l'acqua che sei andato a prendermi? Ti ho aspettato per più di mezz'ora ». Narada si voltò. Invece dell'acqua vide il deserto scintillante nel sole del mezzogiorno. Trovò il dio in piedi alle sue spalle. Le pieghe crudeli della bocca affascinante, che ancora sorrideva, si schiusero nella soave domanda: « Comprendi ora il segreto della mia maya? ».

    Il principe prese un momento di riposo e di silenzio , poi continuò rivolto verso il re padre .
    E ora ascolta cosa accadde al longevo Markandeya .

    Il grande sadhu Markandeya vagabondava come un pellegrino senza meta dentro il dio Vishnu . Mentre vaga dentro il corpo di Vishnu visita i santi eremi nobilitati dalle pie occupazioni dei saggi e dei loro discepoli. Si ferma ai templi e ai luoghi sacri a fare atto di adorazione e il suo cuore si rallegra della religiosità della gente nei paesi che attraversa. Ma ecco l'imprevisto. Nel corso della sua interminabile passeggiata senza meta, il robusto vegliardo, senza accorgersene, scivola fuori della bocca del dio che contiene ogni cosa. Vishnu dorme con le labbra socchiuse, e il suo respiro risuona profondo e ritmico nell'immenso silenzio della notte di Brahma. E il santo attonito, cadendo dalle labbra gigantesche del dormiente, sprofonda a capofitto nel mare cosmico. Dapprima, a causa della maya di Vishnu, Markandeya non vede il gigante addormentato, ma solo l'oceano, completamente buio, che si allarga vasto nell'omniavvolgente notte senza stelle. È colto da sgomento e teme per la propria vita. Mentre si dibatte nell'acqua tenebrosa, ecco si fa pensoso, riflette e comincia a nutrire dei dubbi: « È un sogno? O sono preda di un'illusione? In verità questo fatto stranissimo deve essere il prodotto della mia immaginazione. Perché il mondo come lo conosco e come l'ho osservato nel suo corso armonioso non merita l'annientamento che ora sembra aver improvvisamente sofferto. Non c'è sole nè luna nè vento; le montagne sono tutte svanite, la terra è scomparsa. Che razza di universo è mai questo in cui sono capitato? Che cosa è reale e cosa non lo è ? »

    Il santo, sperduto nella vasta distesa delle acque e sul punto di disperare, intravide infine la forma del dio dormiente, e fu colmato da stupore e gioiosa beatitudine. Parzialmente sommersa, la forma immensa sembrava una catena montuosa che si ergeva dalle acque. Risplendeva al suo interno di una luce meravigliosa. Il santo si avvicinò a nuoto, per esaminare quella presenza; e aveva appena aperto le labbra per chiedergli chi fosse quando il gigante lo afferrò, lo inghiottì senza tanti complimenti, e Markandeya si trovò nuovamente nel paesaggio ben noto del suo interno.
    Così, restituito bruscamente al mondo , dopo la visione armoniosa di Vishnu , Markandeya provò
    un' amara confusione. Riusciva solo a considerare la sua breve ma indimenticabile esperienza come una sorta di visione. Màrkandeya, tornato dentro, riprese la vita di prima. Come prima vagò per la vasta terra da santo pellegrino. Osservò gli yogin che si dedicavano a pratiche ascetiche nelle foreste. Mostrò la sua approvazione ai donatori di stirpe regale che offrivano costosi sacrifici con larghi doni ai brahmani. Osservò i brahmani che celebravano i riti sacrificali e ricevevano compensi generosi per la loro efficace magia. Vide tutte le caste dedicarsi piamente ai loro compiti rispettivi e osservò vigere pienamente tra gli uomini la sacra serie dei Quattro Stadi della Vita. Benevolmente compiaciuto di questo stato ideale delle cose vagò tranquillamente per un altro centinaio di anni.
    Ma poi inavvertitamente scivolò un'altra volta fuori della bocca del dormiente e precipitò nel mare nero come la pece. Questa volta, nell'oscurità terrificante, in quel deserto acqueo di silenzio, vide un fanciullo luminoso, un bambino simile a un dio, pacificamente addormentato sotto un fico. Poi di nuovo, per effetto della maya, Màrkandeya vide il solitario fanciullo che giocava felice, per nulla spaventato in mezzo al vasto oceano oppure lo vide infante sdraiato su una foglia di palma , galleggiante , mentre si succhiava l’alluce del piede destro. Il santo era pieno di curiosità, ma i suoi occhi non riuscivano a sopportare l'abbagliante splendore del bambino, così si mantenne a una certa distanza e, mentre si teneva a galla sulle tenebrose profondità, rifletteva. Màrkandeya pensò:
    « Mi sembra di ricordare di aver già contemplato qualcosa di simile, molto, molto tempo fa ». Ma poi la sua mente divenne consapevole della profondità insondabile dell'oceano sconfinato e fu vinta da un terrore che lo raggelò. Il dio, nelle sembianze del fanciullo divino, gli disse dolcemente:
    « Benvenuto, Markandeya! ». La sua voce aveva il timbro dolce e profondo del tuonare melodioso di una nube scura, carica di piogge . Il dio lo rassicurò: « Benvenuto, Markandeya, non avere timore, figliolo. Non temere. Vieni qui ». Il canuto santo senza età non riusciva a rammentarsi un tempo nel quale qualcuno avesse avuto l'ardire di rivolgersi a lui chiamandolo « figliolo », o di chiamarlo semplicemente con il suo nome senza alcun appellativo di rispetto che alludesse alla sua santità o alla sua nascita. Ne fu profondamente offeso. Per quanto fosse stanco, esausto per la fatica e in grande difficoltà, il santo si lasciò andare a una terribile manifestazione di collera: « Chi osa ignorare la mia dignità, la mia santità, e prendere alla leggera il tesoro di potere magico che ho accumulato in me con le pratiche ascetiche? Chi è costui, che insulta la mia età veneranda, pari a un migliaio d'anni secondo il computo degli dèi? Non sono avvezzo a questo genere di trattamento ingiurioso. Anche gli dèi più eccelsi mi trattano con eccezionale rispetto. Neppure Brahma oserebbe apostrofarmi in modo così irriverente. Brahma mi si rivolge cortesemente: " longevo" mi chiama. Chi è, ora, che cerca la rovina, che si getta ciecamente nell'abisso della distruzione, butta via la sua vita, chiamandomi semplicemente Markandeya ? Chi è costui, che merita la morte? ».
    Quando il santo ebbe così dato espressione alla sua ira, il fanciullo divino, per nulla scosso, riprese il suo discorso: « Figliolo, sono il tuo genitore, tuo padre e tuo antenato, l'essere primevo che elargisce ogni vita. Perché non vieni a me? Conoscevo bene tuo padre. Si dedicò a severe pratiche ascetiche nei tempi andati per ottenere un figlio. ottenne la mia grazia. Compiaciuto della sua perfetta santità, gli concessi un dono, e lui chiese che tu, suo figlio, fossi dotato di una forza vitale inesauribile e non divenissi mai vecchio. Tuo padre conosceva il centro segreto della sua esistenza, e tu provieni da quel centro. Per questo ora hai il privilegio di contemplarmi disteso sulle acque cosmiche primordiali che tutto contengono, e mentre gioco qui come un fanciullo sotto l'albero ».
    I tratti di Markandeya si illuminarono di gioia. Gli occhi gli si spalancarono, come boccioli in fiore. In umile abbandono fece come per inchinarsi e pregò: « Fammi conoscere il segreto della tua màya, il segreto del tuo apparire ora come un fanciullo che giace e gioca sul mare infinito. Signore dell'Universo, con quale nome sei conosciuto? Credo che tu sia il Grande Essere di tutti gli esseri, perché chi altri potrebbe esistere come tu esisti? " . Vishnu rispose: « Sono l'Uomo Cosmico Primordiale, Narayana ( nara=uomo yana=viaggio) . Le acque , il primo essere; l'origine dell'universo. Io ho mille teste. Mi manifesto come la più sacra delle sacre offerte; mi manifesto come fuoco sacrificale che porta le offerte degli uomini sulla terra agli dèi nel cielo. Allo stesso tempo mi manifesto come Signore delle Acque. Nei panni di Indra, il re degli dèi, sono il primo fra gli immortali. Sono il ciclo dell'anno, che genera tutte le cose e nuovamente le dissolve. Sono il divino yogin, il prestigiatore o mago cosmico, che opera meravigliosi trucchi d'illusionismo.
    I magici inganni dello yogin cosmico sono gli yuga, le età del mondo. Questo spettacolo, il miraggio del fenomeno dell'universo, è opera del mio aspetto creativo; allo stesso tempo però sono il gorgo, il vortice distruttivo che risucchia tutto quello che è stato manifestato e pone fine alla processione degli yuga. Io sono il tempo. Io pongo fine a tutto ciò che esiste. Il mio nome è Morte dell'Universo " . E con voce profonda e risonante il fanciullo divino continuò a parlare, e l'insegnamento sgorgò dalle sue labbra in un flusso meraviglioso, che colmava l'anima di gioia:
    " lo sono l'ordine sacro (dharma), sono l'ardore incandescente dello sforzo ascetico (tapas), sono tutte quelle apparenze e virtù attraverso cui si manifesta la vera essenza dell'esistenza. Sono il Signore-Creatore-e-Generatore-di-tutti-gli-Esseri (Prajapati), l'ordine del rito sacrificale, e sono chiamato il Signore della Sapienza Sacra. Mi manifesto come luce celeste, come vento e terra, come l'acqua degli oceani e come lo spazio che si estende nei quattro punti cardinali, che sta fra i punti cardinali, che continua al di sopra e al di sotto di essi. Sono l'Essere Primo e il Rifugio Supremo. Da me prende origine quello che è stato, che sarà, o che è. E qualunque cosa tu possa vedere, sentire o conoscere nell'intero universo, sappi che io vi risiedo. Ciclo dopo ciclo, produco dalla mia essenza le sfere e le creature del cosmo. Rifletti su queste cose nel tuo cuore. Obbedisci alle leggi del mio ordine eterno e vaga felice per l'universo contenuto nel mio corpo. Brahma vive nel mio corpo, e così tutti gli dèi e i santi veggenti. Sappi che io sono Colui che manifesta, e la cui magia manifestante rimane tuttavia immanifesta e inafferrabile. Sono al di là delle mete della vita umana - l'appagamento dei sensi ( kama) , la ricerca della prosperità ( artha) e il pio adempimento dei doveri sacri (dharma) - eppure indico queste tre mete come gli scopi consoni all'esistenza terrena ».

    Con un agile movimento l'Essere Primo si portò poi alla bocca il santo Markandeya e lo ingoiò, e così quello svanì nuovamente nel corpo gigantesco. Questa volta il cuore del santo era talmente inondato di beatitudine che invece di vagare ancora cercò riposo in un luogo isolato.
    Là rimase in solitaria quiete e gioiosamente ascoltò il Canto del Cigno Immortale: la melodia all' inizio appena percettibile, segreta eppure universale del soffio vitale di Dio che entra, che esce.
    E questo è il canto che Markandeya udì: « Molte forme io assumo. E quando il sole e la luna sono scomparsi io galleggio e nuoto con lente movenze sulla distesa senza fine delle acque. lo sono il Cigno . Io sono il Signore. Io produco l'universo dalla mia essenza e sono perpetuamente nel ciclo del tempo che lo dissolve ».
    Il principe concluse - Come sai , o padre , Markandeya vaga ancora in beatitudine per il trimundio , senza una famiglia o senza ricchezza , anzi è appellato come colui che ha come ricchezza la semplicità e come ghirlanda studio delle scritture. - A questo punto il principe rimase in silenzio .

    Il re suo padre rimase in silenzio per un lungo attimo poi giunte le mani , molto lentamente si inchinò e lo salutò . I suoi occhi inumiditi , le sue rughe scomparse dal viso , si rialzò e baciò suo figlio , lo strinse a se come la cosa più bella al mondo , poi molto lentamente si voltò e tornò agli affari di governo .

    I santi uomini ringraziarono Vyasa avendo speso bene il loro tempo e proseguirono le loro attività
    quotidiane.


    Edited by NAGUAL TOLTECO - 19/8/2009, 17:22
     
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  12. keiji85
     
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    User deleted


    a volte mi chiedo se quello che ci dicono in form vari tipo questo è roba vera, del tipo nessuno può sapere se è vero che obama, berlusca e co. sono illuminati, a volte mi viene da pensare che sia tutto il contrario e che i nemici siano altri, forse sto solo vaneggiando oppure no? chi ha la risposta definitiva?
     
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11 replies since 17/8/2009, 08:42   334 views
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