Camere a gas durante la seconda guerra mondiale.

Sono esistite? Dubbi in proposito.

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    CAMERE A GAS:

    MITO O REALTA'?

    Intervista allo storico revisionista
    Robert Faurisson
    apparsa sul mensile Storia Illustrata nell’agosto del 1979



    NOTA SULL’AUTORE

    Robert Faurisson






    Il Dott. Robert Faurisson è nato a Shepperton, in Inghilterra, nel 1929. Dopo essersi laurerato alla Sorbona, egli è stato Professore all'Università di Lione dal 1974 al 1990, finché non è stato allontanato dall’insegnamento a causa delle sue scoperte «politicamente scorrette». Cresciuto in una famiglia permeata da marcati sentimenti anti-tedeschi, egli rimase scandalizzato quando il 19 agosto 1960 lo storico tedesco Martin Broszat negò per la prima volta, in un articolo pubblicato su Die Zeit, l’esistenza di «camere a gas» nei vari campi nazisti. Solamente nel 1974, dopo aver soppesato a lungo le tesi dei revisionisti e quelle degli «sterminazionisti», egli giunse alla certezza assoluta che nessuna «camera a gas» era mai esistita. A causa di questa sua convinzione, egli è stato vittima di almeno 10 assalti fisici da parte dei sostenitori dell’Olocausto. In molte altre occasioni ha rischiato di essere assassinato. Ha avuto le mascelle fracassate, i denti spezzati ed è rimasto ricoverato all’ospedale per diverse settimane. Egli è stato inoltre perseguitato spietatamente per mezzo di battaglie legali senza fine. Il Prof. Faurisson, noto come il «preside del movimento» revisionista mondiale, fu il primo a scoprire i disegni tecnici ed architettonici degli obitori di Auschwitz, degli inceneritori e delle altre installazioni. Fu anche il primo ad insistere che solamente un esperto di camere a gas americano potesse districare le domande tecniche relative alla storia delle pretese gassazioni di Auschwitz. Faurisson fu anche consigliere e consulente dello storico revisionista canadese Ernst Zündel, oltre che testimone a suo carico durante le udienze preliminari del 1984 e nel corso dei grandi processi del 1985 e 1988.



    q Storia Illustrata - Signor Faurisson, da qualche tempo in Francia, e non solo in Francia, lei è al centro di un’aspra polemica per certe sue affermazioni su quella che rimane una delle pagine più buie della storia della Seconda Guerra Mondiale. Ci riferiamo allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti. In particolare una delle sue affermazioni appare tanto netta quanto incredibile. è vero che lei nega che le camere a gas siano mai esistite?



    q Robert Faurisson - è esatto. In effetti, io dico che queste famose «camere a gas» omicide non sono altro che una frottola di guerra. è un’invenzione della propaganda di guerra paragonabile alle leggende sulla «barbarie teutonica» diffuse durante la Prima Guerra Mondiale. Già allora i tedeschi vennero accusati di crimini del tutto immaginari: a bimbi belgi sarebbero state tagliate le mani, dei canadesi crocifissi, cadaveri trasformati in sapone... Peraltro, su questo terreno gli stessi tedeschi facevano, suppongo, buona concorrenza ai francesi... I campi di concentramento tedeschi sono realmente esistiti, ma come tutti ben sanno questa non è una cosa originale tedesca. Anche i forni crematori sono esistiti in certi campi, ma la cremazione non è fatto più grave o più criminale dell’inumazione. I forni crematori costituivano persino un progresso dal punto di vista sanitario nel caso di rischi di epidemie. Il tifo ha imperversato in tutta l’Europa in guerra. La maggior parte dei cadaveri che con tale compiacimento ci vengono mostrati in fotografia sono chiaramente cadaveri di tifici. Queste foto dimostrano solo che degli internati - e talvolta anche dei guardiani - sono morti di tifo. Non provano nient’altro. Insistere sul fatto che talvolta i tedeschi usavano dei forni crematori non è cosa molto onesta. Così facendo si punta sulla repulsione o sull’oscura inquietudine della gente abituata all’inumazione e non alla cremazione. Immaginatevi una qualsiasi popolazione dell’Oceania abituata a bruciare i suoi morti, e ditele che noi interriamo i nostri; apparirete loro come una specie di selvaggio. Forse vi sospetteranno addirittura di mettere sotto terra delle persone «più o meno vive». Allo stesso modo, si dà prova di completa disonestà quando ci si presentano come delle «camere a gas» omicide le autoclavi destinate in realtà alla disinfezione degli abiti con il gas. Questa accusa, mai chiaramente formulata, è stata abbandonata, ma in alcuni musei o in alcuni libri si osa ancora mostrare la foto di una di queste autoclavi, situate a Dachau, con davanti a essa un soldato in uniforme americana che sta decifrando... l’orario delle gassazioni! Un’altra forma di gassazione è realmente esistita nei campi tedeschi; è la gassazione degli edifici per sterminarvi i parassiti. Veniva allora impiegato quel famoso Zyklon B sul quale si è costruita una fantastica leggenda. Lo Zyklon B, la cui licenza data dal 1922, è utilizzato ancora oggi, in particolare nella disinfestazione di immobili, baraccamenti, silos, navi, ma anche per la distruzione delle tane di volpe o di altri animali nocivi. é pericoloso da maneggiare perché, come indica la lettera «B», si tratta di «blausäure», cioè di acido blu, o acido cianidrico, chiamato anche acido prussico. Tra l’altro, c’è anche da rilevare che i sovietici, ingannandosi sul senso di questa lettera, hanno accusato i tedeschi di avere ucciso dei deportati con dello Zyklon A e con dello Zyklon B! Ma veniamo alle cosiddette «camere a gas» omicide. Fino al 1960 ho creduto alla realtà di questi macelli umani dove, secondo metodi industriali, i tedeschi avrebbero ucciso degli internati in quantità e su scala industriale. Poi ho saputo che certi autori giudicavano contestabile la realtà di queste «camere a gas»: tra questi vi è Paul Rassinier, che era stato deportato a Buchenwald e a Dora. Questi autori hanno finito per formare un gruppo di storici che si definiscono «revisionisti». Ho studiato le loro argomentazioni. Naturalmente, ho studiato anche le argomentazioni degli storici ufficiali. Questi ultimi credono alla realtà dello sterminio con le «camere a gas». Sono, in un certo senso, «sterminazionisti». Per molti anni ho minuziosamente confrontato gli argomenti degli uni e degli altri. Sono andato ad Auschwitz, a Majdanek, a Struthof. Ho cercato, ma invano, anche una sola persona che mi potesse dire: «Sono stato internato in quel campo. Ho visto con i miei occhi un edificio che era sicuramente una camera a gas». Ho letto molti libri e documenti. Per anni ho studiato gli archivi del Centre de Documentation Juive Contemporaine («Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea») di Parigi. Va da sé che mi sono interessato in particolare ai processi detti di «crimini di guerra». Un’attenzione del tutto particolare ho rivolto a quelle che mi venivano presentate come «confessioni» di SS o di un qualsiasi altro tedesco. Non vi tedierò enumerandovi i nomi di tutti gli specialisti che ho consultato, ma voglio ricordare una cosa, peraltro curiosa. Spesso bastava qualche minuto di conversazione perché gli «specialisti» in questione dichiarassero: «Sappia che io non sono uno specialista in camere a gas». E, cosa ancora più curiosa, a tutt’oggi non esiste né libro né articolo della scuola «sterminazionista» sulle «camere a gas». Sono cosciente che mi si potrebbero forse citare alcuni titoli, ma questi titoli traggono in inganno. In realtà, nell’incredibile montagna di scritti consacrati ai campi tedeschi, non esiste nulla su quanto li rende così originali e intrinsecamente perversi! Nessun «sterminazionista« ha scritto sulle «camere a gas». Tutt’al più si può dire che Georges Wellers, del Centre de Documentation Juive Contemporaine , ha tentato di parlarne cercando di perorare la veridicità parziale del documento «Gerstein» sulla «camera a gas» di Belzec. Al contrario, i revisionisti hanno invece scritto abbastanza per dire che la loro esistenza era dubbia o per affermare che era decisamente impossibile. La mia opinione personale è la stessa di questi ultimi. L’esistenza delle «camere a gas» è radicalmente impossibile. Le mie ragioni sono innanzitutto quelle accumulate dai revisionisti nelle loro pubblicazioni. In seguito, sono anche quelle che io stesso ho trovato e che qualificherei materiali, bassamente e scioccamente materiali. Ho pensato che bisognava cominciare dall’inizio. Voi certo sapete che in generale ci si mette un po’ ad accorgersi che si sarebbe dovuto cominciare dall’inizio. Mi son detto che noi tutti parliamo di «camere a gas» come se conoscessimo esattamente il senso di queste parole. Quanti di coloro che pronunciano discorsi, frasi o danno giudizi nei quali ricorre questa espressione di «camera a gas» sanno di che parlano? Mi ci è voluto poco per rilevare che molte persone commettevano un errore dei più grossolani. Si rappresentavano una «camera a gas» come una realtà in fondo assai prossima a quella di una semplice camera da letto sotto la cui porta passasse del gas domestico. Costoro dimenticavano che un’esecuzione con il gas è, per definizione, profondamente differente da una semplice asfissia suicida o accidentale. Nel caso di un’esecuzione bisognava evitare accuratamente qualsiasi rischio di malessere, d’avvelenamento o di morte per gli esecutori e i loro assistenti. é un rischio che bisogna escludere prima, durante e dopo l’esecuzione. Le difficoltà tecniche che tutto ciò comporta sono notevoli. Ho voluto sapere come si gassavano i visoni d’allevamento, le tane delle volpi, come negli Stati Uniti vengono eseguite le condanne a morte con il gas. Ho constatato che nella maggior parte dei casi veniva impiegato l’acido cianidrico. Ora, è proprio con questo gas che i tedeschi gassavano i loro baraccamenti ed è con questo gas che avrebbero ucciso gruppi di uomini o intere folle. Ho dunque studiato questo gas. Ho voluto conoscerne l’impiego fatto in Germania e in Francia. Ho consultato testi ministeriali che regolano l’uso di questo prodotto notevolmente tossico. Ho avuto la fortuna di scoprire negli archivi industriali tedeschi raccolti dagli Alleati a Norimberga dei documenti sullo Zyklon B o acido cianidrico. Poi ho riletto dettagliatamente alcune testimonianze, alcune confessioni o certe sentenze dei tribunali alleati o tedeschi sull’esecuzione di detenuti con lo Zyklon B. Ho subito uno choc, lo stesso che proverete anche voi. Innanzi tutto vi leggerò la testimonianza o la confessione di Rudolf Höss 1, quindi vi enuncerò qualche risultato della mia inchiesta, bassamente materiale, sull’acido cianidrico e sullo Zyklon B. In questa confessione, la descrizione della gassazione è notevolmente breve e vaga, come brevi e vaghi sono tutti coloro che affermano di aver assistito a questo genere di operazione (con, in più, molte e svariate contraddizioni su certi punti). Rudolf Höss scrive: «Una mezz’ora dopo aver lanciato il gas si apriva la porta e si metteva in funzione l’apparecchio di ventilazione. Si cominciava immediatamente a estrarre i cadaveri». Richiamo la vostra attenzione sulla parola «immediatamente» (in tedesco «sofort»). Höss aggiunge che la squadra incaricata di estrarre 2.000 cadaveri dalla «camera a gas» e di manipolarli fino ai forni crematori faceva questo lavoro «mangiando e fumando». Dunque, se ben comprendo, senza portare maschera antigas. Questa descrizione è un’offesa al buon senso perché implica la possibilità di entrare senza precauzione alcuna in un locale saturo di acido cianidrico per manipolarvi (a mani nude?) 2.000 cadaveri cianidrizzati sui quali è probabile vi siano resti del gas letale. Del gas deve indubbiamente restare sui capelli (che pare venissero rasati dopo l’operazione), nelle mucose e anche tra i cadaveri ammucchiati. Qual è quel ventilatore superpotente capace di far sparire istantaneamente una tale quantità di gas fluttuante nell’aria o sedimentato un po’ ovunque? Anche se un tale ventilatore esistesse, sarebbe comunque necessario un test che, segnalando alla squadra la sparizione dell’acido cianidrico, la avverta che il ventilatore ha effettivamente compiuto il suo lavoro e che conseguentemente la via è libera. Ora, è evidente che nella descrizione di Höss abbiamo a che fare con un ventilatore magico che agisce istantaneamente e con una tale perfezione da non lasciare adito né a timori né a verifiche. Ciò che il semplice buon senso ci suggerisce è pienamente confermato dai documenti tecnici afferenti allo Zyklon B e al suo impiego. Per gassare un baraccamento, i tedeschi erano obbligati a costose precauzioni: squadra a lungo addestrata e «diplomata» presso il fabbricante dello Zyklon B, materiale notevole e di qualità e, in particolare, maschera con 4 filtro «J» (la più «severa» di tutte), evacuazione dei baraccamenti all’interno, affissione di avvisi in più lingue con il teschio, esame minuzioso del locale per individuare le fessure e tapparle, occlusione di camini e condotte e serrature. Le scatole di Zyklon B venivano aperte all’interno del locale. Il gas fuoriusciva dalla scatola come il fumo esce da un vaso fumogeno. Quando si supponeva che il gas avesse ucciso i parassiti, allora cominciava l’operazione più delicata: quella dell’aerazione. Alcune sentinelle venivano postate a una certa distanza dalle porte e dalle finestre, le spalle al vento. Loro compito era di impedire, da lontano, a chiunque di avvicinarsi. La squadra, munita di maschera antigas, penetrava nell’edificio, apriva le finestre, stappava camini e fessure. Appena compiuta l’opera a un piano, la squadra doveva uscire, togliersi le maschere e, per dieci minuti, respirare all’aria aperta. Doveva quindi rimettersi le maschere e portarsi all’altro piano. Una volta finito questo lavoro, bisognava attendere venti ore. In effetti, poiché lo Zyklon B è «difficile da ventilare visto che aderisce alle superfici», solo una ventilazione naturale e molto lunga poteva venirne a capo. Questo era perlomeno il caso di volumetrie ampie come quelle di una baracca a uno o a due piani; in quanto lo Zyklon B, impiegato talvolta in autoclave (volume di 10 m3), era invece ventilato. Al termine delle venti ore, la squadra ritornava con la maschera antigas, chiudeva le aperture, quindi, se possibile, portava la temperatura dell’ambiente a 15°. Poi, usciva, per ritornare dopo un’ora, sempre munita di maschera, e verificare, a mezzo di una carta che virava al blu in presenza di acido cianidrico, che il locale fosse nuovamente agibile. Ecco quindi che un locale che era stato gassato era accessibile senza maschera antigas solo dopo un minimo di ventuno ore. La legislazione francese relativa all’uso dell’acido cianidrico stabilisce, per quanto le concerne, questo minimo a ventiquattro ore. Possiamo dunque vedere che in assenza di un ventilatore magico, capace di espellere istantaneamente un gas «difficile da ventilare visto che aderisce alle superfici», il macello umano chiamato «camera a gas» sarebbe stato inaccessibile per quasi una giornata. I suoi muri, il suolo, il soffitto durante questo tempo avrebbero ritenuto delle particole di un gas dagli effetti fulminanti per l’uomo. E che dire dei cadaveri? Non avrebbero potuto fare a meno di impregnarsi di gas allo stesso modo di quei cuscini, materassi e coperte che gli stessi documenti tecnici concernenti l’uso dello Zyklon B ci rivelano che dovevano essere portati all’aria aperta per essere battuti per un’ora con tempo secco, o per due ore con tempo umido. Dopo di che venivano impilati gli uni sugli altri e di nuovo battuti se il test di carta virava al blu. Poiché l’acido cianidrico è infiammabile ed esplosivo, come era possibile usarlo in prossimità della bocca dei forni crematori? Come è che si poteva penetrare nella «camera a gas» fumando? Per non parlare delle innumerevoli impossibilità tecniche o materiali che per soprammercato si scoprono quando ci si reca ad Auschwitz o ad Auschwitz-Birkenau per esaminare la collocazione e le dimensioni delle sedicenti «camere a gas». D’altronde, come può scoprirlo chi ficca il naso negli archivi del museo polacco di Auschwitz, questi locali in realtà non erano che delle «camere fredde», del tutto caratteristiche per architettura e per dimensioni. E così che a Birkenau la sedicente «camera a gas» del Krema II, di cui si vedono solo delle rovine, era in realtà una «camera fredda», interrata (per proteggerla dal calore), d’una lunghezza di 30 m. e di una larghezza di 7 m. (2 m. per cadavere + 3 m. al centro per il movimento dei carrelli + 2 m. per un altro cadavere). La porta, i disimpegni, il piccolo montacarichi (m. 2,18 x m. 1,35) versa la sala dei crematori, tutto ciò era di dimensioni lillipuziane in rapporto a quanto lascia supporre il racconto di Höss. Secondo lui, la «camera a gas» normalmente conteneva 2.000 vittime all’inpiedi, ma avrebbe potuto contenerne 3.000. Immaginate un po’: 3.000 persone su 210 m2? In altre parole, per fare un paragone, 286 persone in piedi in un locale di 5 m. x 4 m.! E non ci si venga a dire che i tedeschi prima di partire hanno fatto saltare «camere a gas» e forni crematori per nascondere le tracce dei pretesi crimini. Quando si vuole cancellare le tracce di un’installazione necessariamente molto sofisticata, la si smantella minuziosamente, pezzo per pezzo, per non lasciare dietro di sé il minimo elemento d’accusa. Distruggerla con l’esplosivo sarebbe un’ingenuità. In questo caso sarebbe sufficiente rimuovere i blocchi di cemento per scoprire un tale reperto accusatore. Proprio i polacchi dell’attuale museo di Auschwitz hanno raccolto alcune vestigia dei Krema 2. Ora, tutti i reperti che vengono mostrati ai turisti attestano l’esistenza dei forni crematori, escludendo ogni altra cosa. Le vere camere a gas, quelle messe in opera dagli americani dal 1936-1938, possono darci un’idea dell’inevitabile complessità che un tale metodo di esecuzione comporta. Tra l’altro, gli americani gassano solo un prigioniero alla volta (è accaduto che alcune loro camere a gas dispongano di due sedie per l’esecuzione, per esempio, di due fratelli). Inoltre, il prigioniero è completamente immobilizzato. Viene asfissiato dall’acido cianidrico (in realtà da palline di cianuro di sodio che cadendo in una scodella di acido solforico e di acqua distillata provocano la liberazione di vapori di acido cianidrico). In 40 secondi circa il condannato si assopisce e in qualche minuto muore. Questo gas non provoca alcun dolore apparente. (La prima esecuzione capitale con gas ebbe luogo l’8 febbraio 1924 nella prigione di Carson City (Nevada). Due ore dopo l’esecuzione si rilevavano ancora tracce di veleno nella corte della prigione. Il signor Dickerson, governatore della prigione, dichiarò: «Per quanto concerne il condannato, il metodo è certamente il più umano tra quanti fino ad ora applicati», ma, aggiunse: «Rifiuterò questo metodo per il pericolo che fa correre a tutti i testimoni». Come nel caso dello Zyklon B, è l’evacuazione del gas che pone problemi. In questo caso non si tratta di indurre una ventilazione naturale di quasi ventiquattro ore perché, in ogni modo, la disposizione degli ambienti non lo permetterebbe senza gravi rischi per i guardiani e i detenuti della prigione. Allora come procedere, essendo d’altronde questo gas di difficile ventilazione? La soluzione obbligata è di trasformare questo acido in un sale che verrà in seguito lavato con acqua corrente. Il gas ammoniaco servirà di base. Quando l’acido cianidrico sarà così sparito, o almeno quasi completamente, una spia avvertirà del fatto il medico e i suoi aiutanti che si trovano dall’altra parte del vetro. Questa spia è la fenoftaleina, posta in scodelle disposte in diversi punti del piccolo locale, la quale vira al rosso quando non c’è più acido nel locale. Un sistema di ventilazione orientabile spazzerà quindi i vapori di ammoniaca verso un bocchettone di aspirazione. Il medico c i suoi aiutanti entreranno quindi nel locale muniti di maschera antigas, e calzando guanti di caucciù. Il medico arruffa la capigliatura del condannato per cacciarne eventuali resti di acido cianidrico. E solo dopo un’ora che le guardie potranno entrare nel locale. Il corpo del condannato sarà lavato, così come il locale, con acqua corrente. Il gas ammoniaco è stato espulso attraverso un alto camino sopra la prigione. E poiché le guardie abitualmente postate nelle torri di sorveglianza della prigione corrono dei rischi, a ogni esecuzione vengono fatte scendere. E sorvolo sulla necessità di un’ermeticità totale della camera a gas: stacci, vetri «erculite» estremamente spessi, sistema per fare il vuoto, valvole a mercurio, ecc... Una gassazione non è operazione che si possa improvvisare. Se i tedeschi avevano deciso di gassare milioni di persone avrebbero avuto bisogno di mettere a punto un meccanisrno formidabile. Ci sarebbe voluto un ordine generale, che non è mai stato trovato, delle istruzioni, degli studi, ordini, piani che non si sono mai visti. Sarebbero state necessarie riunioni di esperti: architetti, chimici, medici, specialisti delle più diverse tecnologie. Sarebbe stato necessario reperire fondi e ripartirli, operazione che in uno Stato come il Terzo Reich avrebbe lasciato numerose tracce (se si pensa che noi sappiamo quasi al centesimo quanto è costato il canile di Auschwitz o le piante di lauro ordinate ai vivai). Sarebbero stati necessari ordini di missione. Non si sarebbe fatto di Auschwitz e di Birkenau dei campi dove l’andirivieni era tale che il modo migliore di far fronte alle frequenti fughe di detenuti era quello di tatuar loro sul braccio un numero di matricola. Non si sarebbe permesso che lavoratori civili e ingegneri si mischiassero ai detenuti, né si sarebbero autorizzati i tedeschi del luogo ad andare in permesso o a ricevere al campo membri della famiglia. Soprattutto non si sarebbero liberati dei detenuti che, scontata la pena, rientravano in patria. Fatto, quest’ultimo, che è stato rivelato qualche anno fa da Louis De Jong, direttore dell’Istituto di Storia della Seconda Guerra Mondiale di Amsterdam, dopo che a lungo gli storici lo hanno tenuto nascosto. La recente pubblicazione che negli Stati Uniti è stata fatta delle fotografie aeree di Auschwitz da peraltro il colpo di grazia alla leggenda di questo sterminio. Persino nell’estate 1944, nel momento in cui più massiccio era l’arrivo degli ebrei ungheresi, non si nota alcun rogo umano e nessuna folla nei pressi del crematorio (ma un portone aperto e un giardino ben tracciato), nessun fumo sospetto (e ciò mentre i camini di questi crematori avrebbero addirittura sputato giorno e notte fumo e fiamme visibili a diversi chilometri di distanza). Terminerò con quello che chiamerei il criterio della falsa testimonianza per ciò che concerne le «camere a gas». Ho rilevato che tutte queste testimonianze per vaghe o discordi che siano sul resto, s’accordano almeno su un punto: la squadra incaricata di ritirare i cadaveri dalla «camera a gas» penetrava nel locale sia «immediatamente» sia «poco dopo» la morte delle vittime. Io dico che questo punto da solo costituisce la pietra di paragone delle false testimonianze, perché vi è qui un’impossibilità fisica totale. Se incontrate qualcuno che crede alla realtà delle «camere a gas» domandategli come, secondo lui, vi si potevano estrarre i cadaveri per far posto all’infornata successiva.



    q Storia Illustrata - Come può affermare tutto ciò dopo quanto è stato detto e scritto in 35 anni? Dopo quanto hanno raccontato i superstiti dei campi, dopo i processi ai criminali di guerra, dopo Norimberga? Su quali prove e documenti basa questa sua affermazione?



    q Robert Faurisson - Molti errori storici sono durati ben più di trentacinque anni. Quanto alcuni superstiti hanno raccontato costituisce una testimonianza fra le tante. Delle testimonianze non sono delle prove. In quanto a quelle dei processi contro i «criminali di guerra», devono essere accolte con particolare diffidenza. Se non mi sbaglio, in trentacinque anni non un solo testimone è stato perseguito per falsa testimonianza, il che significa dare una garanzia esorbitante a chiunque desidera testimoniare sui «crimini di guerra». Allora così si spiega il fatto che alcuni tribunali abbiano potuto stabilire l’esistenza di «camere a gas» in punti della Germania in cui si è finito per riconoscere che non ce n’erano state mai: per esempio, in tutto l’antico Reich. Le sentenze emesse a Norimberga hanno un valore molto relativo, poiché dei vinti sono stati giudicati dai loro vincitori senza la minima possibilità di interporre appello. Gli articoli nº 19 e nº 21 dello statuto di quel tribunale politico dava cinicamente a quella assise il diritto di poter fare a meno di prove solide, e autorizzava addirittura il ricorso al «si dice». Tutti gli altri processi per «crimini di guerra» si sono in seguito ispirati alla Legislazione di Norimberga. Ancora oggi in Germania i tribunali fondano il loro operato su quanto essi pretendono sia stato stabilito a Norimberga. E così che per secoli hanno proceduto i tribunali che dovevano giudicare streghe e stregoni. Sono esistite, almeno in apparenza, prove e testimonianze di gassazioni a Orianenburg, a Buchenwald, a Bergen-Belsen, a Dachau, a Ravensbrüsck, a Mauthausen. Professori, preti, cattolici, ebrei, comunisti hanno attestato l’esistenza di «camere a gas» in questi campi e dell’impiego di gas per uccidere dei detenuti. Per non fare che un esempio, Monsignor Piguet, Vescovo di Clermont-Ferrand, ha scritto che dei preti polacchi erano passati per la «camera a gas» di Dachau. Ora, oggi si riconosce che mai nessuno è stato gassato a Dachau. C’è di meglio: dei responsabili di campi hanno confessato l’esistenza e il funzionamento di «camere a gas» omicide laddove in seguito si è dovuto riconoscere che niente di tutto ciò era esistito. Per Ravensbrück, il comandante del campo (Suhren), il suo secondo (Schwarzhuber) e il medico del campo (Dr. Treite) hanno confessato l’esistenza di una «camera a gas» e ne hanno persino descritto, in modo vago, il funzionamento. Sono stati messi a morte o si sono suicidati. Stesso scenario per il Comandante Ziereis a Mauthausen, il quale, nel 1945, in punto di morte, avrebbe anche lui fatto delle confessioni. Non si creda che le confessioni dei responsabili di Ravensbrück siano state strappate dai russi o dai polacchi. é l’apparato giudiziario inglese o francese che ha ottenuto queste confessioni. Circostanza aggravante: le ottenevano ancora molti anni dopo la fine della guerra. è stato fatto tutto il necessario affinché fino alla fine, fino al 1950, un uomo come Schwarzhuber collaborasse con i suoi inquisitori, o con i suoi giudici istruttori o i suoi giudici di tribunale. Nessuno storico serio sostiene più che delle persone siano state gassate in un qualunque campo dell’antico Reich. Ora ci si accontenta solo di alcuni campi situati attualmente in Polonia. Il 19 agosto 1960 costituisce una data importante nella storia del mito delle «camere a gas». Quel giorno, il giornale Die Zeit ha pubblicato una lettera che ha intitolato «Nessuna gassazione a Dachau». Dato il contenuto della lettera, per essere del tutto onesto il giornale avrebbe dovuto intitolarla «Nessuna gassazione in tutto l’antico Reich», cioè nella Germania delle frontiere del 1937. Questa lettera era del Dr. Martin Broszat, diventato nel frattempo Direttore dell’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco. Il dottor Broszat è un antinazista convinto, e fa parte degli storici «sterminazionisti». Egli ha creduto all’autenticità del «diario» di Rudolf Höss, che ha pubblicato nel 1958 con gravi tagli del testo nei passaggi in cui Höss aveva «un po’ troppo esagerato» per obbedire senza dubbio alle suggestioni dei suoi carcerieri polacchi. In poche parole, il Dr. Broszat il 19 agosto 1960 ha dovuto ammettere che non c’erano state gassazioni in tutto l’antico Reich. Aggiungeva anche, in modo contorto, che non vi erano state gassazioni innanzitutto (?) che in qualche punto scelto in Polonia, tra cui Auschwitz. E questo, a quanto mi risulta, hanno finito per ammetterlo con lui anche tutti gli storici ufficiali. Personalmente deploro che il Dr. Broszat si sia contentato di una lettera, mentre si imponeva una comunicazione scientifica insieme a spiegazioni dettagliate. Si doveva spiegare perché prove, testimonianze e confessioni considerate fino ad allora come inattaccabili perdevano improvvisamente qualsiasi valore. Sono quasi vent’anni che aspettiamo le spiegazioni del Dr. Broszat. Ci sarebbero preziose per determinare se le prove, testimonianze e confessioni che possediamo sulle gassazioni di Auschwitz o di Treblinka hanno più valore delle prove, testimonianze e confessioni che possediamo sulle false gassazioni di Buchenwald o di Ravensbrück. Intanto, è estremamente curioso che gli elementi raccolti soprattutto da tribunali francesi, inglesi e americani abbiano d’un tratto perso ogni loro valore, mentre gli elementi in mano soprattutto dei tribunali polacchi e sovietici sullo stesso soggetto lo conservino. Nel 1968 è la «camera a gas» di Mauthausen (in Austria) che doveva a sua volta essere dichiarata una leggenda da uno storico «sterminazionista»: da Olga Wormser-Migot. Guardate a questo proposito, nella sua tesi su Le système concentrationnaire nazi («Il sistema concentrazionario nazista»), le pagine intitolate «Le probleme des chambres à gas» («Il problema delle camere a gas»). Peraltro, soffermiamoci su questa formula. Per ammissione stessa degli «sterminazionisti» esiste un «problema delle camere a gas». A proposito delle false confessioni, un giorno ho chiesto allo storico Joseph Billig (addetto al Centre de Documentation Juive Contemporaine) come le spiegava. Billig aveva fatto parte della delegazione francese al processo di Norimberga. Vi do la sua risposta. Si trattava, secondo lui, di «fenomeni psicotici»! Per quel che mi riguarda, ho una spiegazione da proporre per questi pretesi «fenomeni psicotici» come pure per «l’apatia schizoide» di Rudolf Höss il giorno della sua deposizione davanti al tribunale di Norimberga: Höss è stato torturato dai suoi carcerieri inglesi. é stato «interrogato con il nerbo e con l’alcool». Ai processi detti «di Dachau», gli americani hanno abominevolmente torturato altri accusati tedeschi, come doveva segnatamente rivelarlo una commissione d’inchiesta. Peraltro, la tortura è molto spesso superflua. Molteplici sono infatti i modi di intimidazione. La formidabile riprovazione universale che viene fatta pesare sugli accusati nazisti conserva ancora oggi tutta la sua forza. Quando l’anatema esplode tra una umanità religiosa degna delle grandi comunioni medievali, non rimane che inchinarsi, soprattutto se gli avvocati si mettono di mezzo e sostengono che delle concessioni appaiono necessarie. Mi ricordo del mio odio personale per i tedeschi durante la guerra e dopo la fine del conflitto: un odio incandescente che credevo spontaneo, ma che con il trascorrere del tempo mi accorsi che mi era stato insufflato. Esso veniva dalla radio inglese, dalla propaganda di Hollywood e dalla stampa staliniana. Non avrei avuto pietà per un tedesco che mi avesse detto che era stato guardiano di un certo campo e che non aveva visto alcuno dei massacri di cui allora tutti parlavano. Se fossi stato suo giudice istruttore avrei ritenuto mio dovere di «farlo confessare». Da trentacinque anni il dramma di questo tipo di accusati tedeschi è paragonabile a quello delle streghe e degli stregoni del Medio Evo. Poniamo mente al coraggio demente che sarebbe stato necessario a una di queste sedicenti streghe per osar dire al tribunale: «La prova migliore che non ho avuto commercio con il diavolo è che, molto semplicemente, il diavolo non esiste». Allo stesso modo, sono rarissimi i tedeschi che, come l’Ing. Durrfeld di Auschwitz, hanno osato dire che queste gassazioni non erano mai esistite e che era una vergogna diffamare così i tedeschi. La strega giocava d’astuzia con i suoi giudici, come i tedeschi, ancora oggi al processo di Düsseldorf, giocano di astuzia con i loro a proposito di Majdanek. Per esempio, la strega ammetteva che quel tale giorno il diavolo c’era, ma diceva che si trovava in cima alla collina, mentre lei era giù, ai piedi. L’accusato tedesco, da parte sua, si sforza dl dimostrare che non aveva nulla a che fare con le «camere a gas». Talvolta arriva a dire persino che ha aiutato a spingere qualcuno nella «camera a gas», o anche che gli hanno fatto versare un prodotto da una botola posta sul soffitto perché minacciato, se non obbediva, di essere messo a morte. Spesso dà anche l’impressione di divagare. Gli accusatori pensano: «Eccone un altro che cerca di salvarsi le penne. Questi tedeschi sono straordinari! Sembra che non abbiano mai saputo né mai visto niente». La verità è che in effetti non hanno visto né saputo niente di ciò che si vuol far loro dire in materia di gassazioni. Siamo noi accusatori che dobbiamo rimproverarci di questo modo di divagare, e non farne loro colpa, perché essi si muovono nel solo sistema di difesa che noi lasciamo loro. E nel fatto che adottino questo sistema anche gli avvocati hanno una grave responsabilità. Non mi riferisco a coloro che, come quasi tutti, credono che le «camere a gas» siano esistite. Parlo di quelli che sanno o sospettano di essere davanti a un’enorme menzogna, ma preferiscono, sia nel loro proprio interesse sia in quello del loro cliente, non sollevare questo problema. L’avvocato di Adolf Eichmann (1906-1962) non credeva all’esistenza delle «camere a gas», ma al processo di Gerusalemme si è ben guardato dallo scoprire gli altarini. Non glielo si può rimproverare. Credo infatti che lo statuto di quel tribunale permettesse di sollevare l’avvocato dal diritto di difesa se si fosse prodotto un incidente «insostenibile», o definibile con un termine equivalente. Una vecchia ricetta degli avvocati, resa talvolta necessaria dai bisogni della difesa, è di perorare il verosimile piuttosto che il vero. Il vero talvolta è troppo difficile da far penetrare nell’animo dei giudici. Ci si contenta allora del verosimile. Un esempio illustra molto bene questa situazione. Lo racconta l’avvocato Albert Naud, difensore di un tale Lucien Léger che tutta la stampa francese presentava come autore certo di un abominevole crimine. Lucien Léger si proclamava innocente, e scelse per avvocato Albert Naud. Quando questi andò a trovarlo in prigione gli disse: «Léger, parliamoci chiaro! Se mi vuole come avvocato dobbiamo perorare la sua colpevolezza, non l’innocenza». Affare fatto! Léger ebbe salva la testa. Qualche anno dopo Naud acquisì la convinzione che il suo cliente era innocente, e si penti terribilmente di averlo costretto a dichiararsi colpevole. Si battè con tutte le sue forze per ottenere la revisione del processo, ma troppo tardi. Morì senza ottenerla. In quanto a Léger, se è innocente, senza dubbio pagherà fino alla fine dei suoi giorni l’ignobile atteggiamento della stampa e la cecità del suo avvocato. Un tribunale non ha alcuna qualità per determinare la verità storica. Spesso gli stessi storici hanno notevoli difficoltà a distinguere il vero dal falso su un punto della storia. L’indipendenza dei giudici è forzatamente molto relativa. Come tutti noi essi leggono i giornali, si informano in parte anche attraverso la radio e la televisione. Libri e riviste presentano loro, come a noi tutti, «documenti» o «foto» di atrocità naziste. A meno che non abbiano una pratica speciale alla critica di questo genere di documenti o di foto, cadranno nei più rozzi tranelli della propaganda orchestrata dai mezzi di comunicazione. D’altra parte, preoccupazione dei giudici è di far rispettare l’ordine pubblico, la moralità pubblica, certe norme e certi usi, certe credenze stesse della vita pubblica. Senza tener conto della preoccupazione di vedere il loro nome vilipeso nella stampa, tutto ciò non può che condurre, in materia di «crimini di guerra», a giudizi che lo storico, per quanto lo riguarda, non è tenuto a fare suoi. La giustizia si è giudicala da sé. In questo genere di processi nemmeno una volta si è pensato di fare una perizia di quella che si chiama «l’arma del delitto». Quando si sospetta che una corda, un coltello, un revolver siano stati strumento di un crimine, si fa la perizia, benché siano oggetti che non hanno nulla di particolare. Invece, nel caso delle «camere a gas», in trentacinque anni non c’è stata una sola perizia. è vero che si parla di una perizia fatta dai sovietici, ma possiamo immaginare con quale metro e, in ogni modo, sembra che il testo sia rimasto segreto. Al processo di Francoforte, durato un anno e mezzo, dal dicembre 1963 all’agosto 1965, un tribunale ha condotto l’affare «dei guardiani di Auschwitz» senza ordinare una perizia dell’arma del crimine. Lo stesso vale per il processo di Majdanek a Dusserdorf e, poco dopo la fine della guerra, per quello di Struthof in Francia. Questa assenza di perizie è tanto meno scusabile in quanto non un giudice, non un procuratore, non un avvocato potevano vantarsi di conoscere per esperienza la natura e il funzionamento di questi straordinari macelli umani. Eppure a Struthof e a Majdanek, quelle «camere a gas» vengono presentate come fossero ancora allo stato originario. Perciò, è sufficiente esaminare sul posto «l’arma del crimine». Ad Auschwitz le cose sono meno chiare. Al campo principale si lascia credere ai turisti che la «camera a gas» è autentica, ma, chiedendo insistentemente, le autorità del museo battono in ritirata e parlano di «ricostruzione» (che peraltro non è che una misera menzogna che si può facilmente smascherare con certi documenti di archivio). All’annesso campo di Birkenau vengono mostrate solo delle rovine di «camere a gas», o qualcosa di meno, dei terreni che sarebbero stati occupati da «camere a gas». Ma anche qui le perizie sono possibilissime perché a un archeologo talvolta basta qualche piccolo indizio per conoscere la natura e la destinazione di un sito inabitato da diversi secoli. Per dare un’idea della condiscendenza dimostrata dagli avvocati del processo di Francoforte nei confronti dell’accusa, ricordo che uno di essi si è persino fatto fotografare dai giornalisti mentre sollevava una botola (sic!) della sedicente «camera a gas» del campo principale di Auschwitz. Dieci anni dopo il processo ho chiesto a questo avvocato che cosa gli aveva permesso di considerare che l’edificio in questione era una «camera a gas». La sua risposta scritta è stata più che evasiva; assomiglia a quella datami dalle autorità del museo di Dachau quando chiesi su quali documenti basavano la loro affermazione che un certo locale del campo era una «camera a gas» incompiuta. Mi stupiva infatti il fatto che si possa affermare che un locale incompiuto era destinato a diventare, una volta ultimato, qualcosa che non si è mai visto. Un giorno pubblicherò questa corrispondenza con queste autorità, e anche quella che ho avuto con i responsabili del Comitato Internazionale di Dachau a Bruxelles. Lei mi chiede su quali prove e su quali documenti io fondo l’affermazione che le «camere a gas» non sono mai esistite. Credo di aver già ampiamente risposto. Aggiungerò che una buona parte di queste prove e di questi documenti sono... , quelli dell’accusa. Basta rileggere bene i testi dell’accusa per accorgersi che l’accusa consegue il risultato contrario a quello ricercato. I testi di base sono i 42 volumi del grande processo di Norimberga, i 15 volumi dei processi americani, i 19 volumi pubblicati sinora dall’università di Amsterdam, gli stenogrammi del processo Eichmann, diversi processi verbali di interrogatorio, le opere di Hilberg, di Reitlinger, d’Adler, di Langbein, di Olga Wormser-Migot, l’Enciclopedia Giudaica, il Memoriale di Klarsfeld (molto interessante per l’elenco dei falsi gassati), le pubblicazioni di diversi istituti. Ho lavorato soprattutto al Centre de Documentation Juive Contemporaine di Parigi. Ne sono stato cacciato all’inizio del 1978, su iniziativa, in particolare, del signor Georges Wellers, quando si è saputo a quali conclusioni ero giunto sulle «camere a gas» e sul «genocidio». Il Centre de Documentation Juive Contemporaine è un organismo semipubblico, che riceve denaro pubblico. Tuttavia, si arroga il diritto di cacciare coloro che non pensano come si deve. E lo dice!



    q Storia Illustrata - Lei nega anche la deliberata volontà di sterminio degli ebrei da parte di Adolf Hitler (1889-1945). Anche ultimamente, durante un dibattito alla televisione della Svizzera italiana, lei ha detto: «Hitler non ha mai fatto uccidere una persona in quanto ebrea». Che cosa intende dire esattamente con questa frase, dalla quale peraltro si ricava che comunque Hitler avrebbe fatto uccidere degli ebrei?



    q Robert Faurisson - Dico esattamente questo: «Mai Hitler ha ordinato né ammesso che qualcuno fosse ucciso a causa della sua razza o della sua religione». Forse questa frase scandalizzerà qualcuno, ma io la credo vera. Hitler era antiebreo e razzista. Ma il suo razzismo peraltro non gli impediva di nutrire ammirazione per gli arabi e per gli indù. Era anche ostile al colonialismo. Il 7 febbraio 1945 dichiara ai suoi intimi: «I bianchi hanno portato a questi popoli (coloniali) il peggio, le piaghe del nostro mondo: il materialismo, il fanatismo, l’alcolismo e la sifilide. Per il resto, poiché quanto questi popoli già possedevano era superiore a ciò che potevano dar loro, essi non sono cambiati (...). In una sola cosa i colonizzatori sono riusciti: a suscitare ovunque l’odio». Hitler è diventato antiebraico relativamente tardi. Prima di dire e ripetere che gli ebrei sono «i grandi maestri della menzogna», era loro piuttosto favorevole. Scrive in Mein Kampf: «Le opinioni sfavorevoli diffuse sul loro conto mi ispiravano un’antipatia che talvolta si trasformava in orrore». Personalmente, conosco male Hitler e mi interessa poco, quanto poco mi interessa Napoleone Bonaparte (1769-1821). Se egli delirava, non vedo perché dovremmo delirare noi quando si tratta di lui. Sforziamoci di parlare di Hitler a mente fredda come quando parliamo del faraone egizio Amenophis Akhenaton (1352-1354 a.C.). Tra Hitler e gli ebrei c’è stata una guerra senza pietà, ed è evidente che ciascuno addossa all’altro la responsabilità di questo conflitto. La Comunità Ebraica Internazionale ha dichiarato guerra alla Germania il 5 settembre 1939; lo ha fatto con Chaim Weizmann (1874-1952), Presidente del Congresso Ebraico Mondiale e futuro Presidente dello Stato di Israele (nel 1948). Prima ancora, dal 1934, l’ostilità della Comunità Ebraica Internazionale si era manifestata con misure di boicottaggio economico contro la Germania nazista. Va da sé che essa agiva così per ritorsione alle misure prese da Hitler contro gli ebrei tedeschi. Questo ingranaggio fatale doveva condurre, da una parte e dall’altra, a una Guerra Mondiale. Hitler diceva: «Gli ebrei e gli Alleati vogliono annientarci, ma saranno loro a essere annientati», mentre gli Alleati e gli ebrei, da parte loro, dicevano: «Hitler e i nazisti, e i loro alleati, vogliono annientarci, ma saranno loro a essere annientati». E così, per tutta la durata della guerra, i due campi si esaltano di proclami bellicosi e fanatici: il nemico diventa una bestia da sgozzare. Pensate, a questo proposito, alle parole della Marsigliese quando dice: «Che un sangue impuro abbeveri i nostri solchi». Detto questo, gli Alleati che pure hanno fatto una guerra implacabile ai nazisti e che, trentacinque anni dopo la fine della guerra, continuano una specie di «caccia al nazista», tuttavia non sono mai arrivati a dichiarare che: «Un nazionalsocialista, per il fatto stesso di appartenere al partito nazionalsocialista, deve essere ucciso, si tratti di uomo, donna, bambino o vecchio». Si può persino dire che Hitler, nonostante quanto ha accumulato contro gli ebrei, non ha mai dichiarato: «Gli ebrei sono da uccidere», né tantomeno che: «Un ebreo, per il solo fatto di essere tale, é da uccidere». Indubbiamente, in caso di rappresaglia contro «partigiani» o «terroristi», quando i tedeschi sceglievano gli ostaggi da mettere a morte, era meglio non essere ebreo, né comunista, né prigioniero di diritto comune. Ma, questa è una conseguenza molto nota del prelevamento di ostaggi per come si pratica da sempre e dovunque. Hitler ha fatto internare una parte degli ebrei europei, ma internare non significa sterminare. Non c’è stato né «genocidio» né «olocausto». Qualsiasi campo di concentramento è una cosa pietosa che suscita orrore, si tratti di un campo tedesco, russo, francese, americano, giapponese, cinese, vietnamita o cubano. Di questo fatto, pietoso od orribile che sia, vi sono diversi gradi, e certamente in tempo di guerra, di carestia, di epidemia, un campo di concentramento diventa ancora più orribile. Ma nel caso in questione nulla ci permette di dire che ci sono stati dei campi di sterminio, cioè dei campi dove la gente sarebbe stata messa per esservi uccisa. Gli «sterminazionisti» sostengono che nell’estate del 1941 Hitler ha dato l’ordine di sterminare gli ebrei. Ma nessuno ha mai visto questo ordine. Esistono, per contro, sia delle dichiarazioni di Hitler, sia delle misure prese dai suoi eserciti che implicano che un tale ordine non ha potuto essere dato. Il 24 luglio 1942, in un circolo ristretto di persone, ricordando che gli ebrei gli avevano dichiarato guerra con Chaim Weizmann, disse che dopo la guerra avrebbe chiuso loro le città una dopo l’altra, precisando: «(...) se questa spazzatura di ebrei non sgombera e non emigra verso il Madagascar o verso qualche altro focolare nazionale ebraico». Da parte mia, vorrei sapere come si può conciliare questa «dichiarazione a braccio» con un ordine di sterminio dato una volta per sempre un anno prima. Ancora nel luglio 1944, sul fronte dell’Est, dove i soldati tedeschi combattono ferocemente contro i partigiani (ebrei o non, russi o comunisti, ucraini, ecc...), l’esercito dà ordini drastici perché i soldati tedeschi non partecipino a eccessi contro la popolazione civile, ebrei compresi. Altrimenti, c’è il tribunale militare. Hitler incitava a lottare senza pietà in combattimento, soprattutto contro i partigiani, compreso, se necessario, contro donne e bambini che fossero con i partigiani o che apparentemente ne fossero complici. è un fatto che non ha indietreggiato (come gli Alleati, peraltro) davanti al sistema del prelievo di ostaggi. Ma non è andato oltre. Il giorno in cui i nostri mezzi di comunicazione si decideranno a infrangere certi tabù e a consacrare ai «crimini di guerra» degli Alleati un millesimo del tempo che consacrano ai «crimini di guerra» dei vinti, gli ingenui avranno allora di che stupirsi. I «crimini» di Hitler assumeranno allora le loro giuste proporzioni in una prospettiva storica. Si parla molto poco di Dresda e Katyn (nota). Io dico che Dresda e Katyn sono poca cosa in confronto alle deportazioni inflitte a milioni di tedeschi delle minoranze dell’Est. Già, è anche vero che non si trattava di «deportazioni», ma di... «trasferimenti». Mi chiedo anche se gli inglesi, che hanno consegnato i loro internati russi ai sovietici, non sono stati i campioni di tutte le categorie di «crimini di guerra».



    q Storia Illustrata - Quali sono il suo concetto e la sua definizione di genocidio?



    q Robert Faurisson - Io chiamo genocidio il fatto di uccidere degli uomini in ragione della loro razza. Hitler ha commesso «genocidio» non meno che Napoleone, Stalin, Churchill o Mao Zedong. Il Presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) ha internato in campi di concentramento cittadini americani di razza giapponese. Anche questo allora è stato «genocidio». Hitler ha trattato i civili ebrei come i rappresentanti di una minoranza belligerante nemica. Sfortunatamente, è banale trattare questo genere di civili come persone potenzialmente o virtualmente pericolose. Secondo una comune logica di guerra, Hitler avrebbe dovuto internare tutti gli ebrei che gli venivano sotto tiro. é ben lungi dall’averlo fatto, e non certo per ragioni umanitarie, ma per motivi di ordine pratico. In certe parti dell’Europa ha fatto portare ai suoi nemici un segno che li distinguesse: la stella ebraica (dal settembre 1941 in Germania e dal giugno 1942 nella zona nord della Francia). Coloro che portavano la stella non potevano circolare liberamente, e solo in certe ore; erano come prigionieri in libertà vigilata. Forse più che del problema ebraico Hitler si preoccupava di garantire la sicurezza del soldato tedesco, il quale era incapace di distinguere gli ebrei dai non ebrei. Questa stella glieli designava. Gli ebrei venivano sospettati di poter svolgere opere di informazione (molti di essi parlavano il tedesco), di praticare lo spionaggio, il traffico di armi, il terrorismo, il mercato nero. Bisognava evitare qualsiasi contatto tra l’ebreo e il soldato tedesco. Per esempio, nel metrò di Parigi gli ebrei che portavano la stella gialla potevano salire solo sull’ultimo vagone sul quale il soldato tedesco non doveva salire. Non sono uno specialista di questi problemi e posso sbagliarmi, ma credo che queste misure erano dettate da ragioni di sicurezza militare piuttosto che da una volontà di umiliare. Dove vi erano forti concentrazioni di ebrei, che erano impossibili da sorvegliare veramente, se non a mezzo di una polizia ebraica, i tedeschi temevano che accadesse ciò che d’altronde accadde nel ghetto di Varsavia, dove improvvisamente, e proprio dietro il fronte un’insurrezione scoppiò nell’aprile del 1943. i tedeschi scoprirono allora con stupore che gli ebrei avevano costruito 700 fortini. L’insurrezione fu repressa e i superstiti trasferiti in campi di transito, di lavoro, di concentramento. In questi luoghi gli ebrei hanno vissuto una tragedia. Lo so che talvolta si pensa che ragazzi di 15 anni non potevano costituire un pericolo e che non li si sarebbe dovuti costringere a portare la stella. Per convincerci del contrario ci sono attualmente abbastanza racconti e memorie di ebrei in cui si narra come i loro ragazzi svolgevano ogni specie di attività illecita o di resistenza contro i tedeschi. Bisognerebbe vedere meglio quanto c’è di reale e quanto di mitologico nella descrizione che si fa degli ebrei che si sarebbero lasciati sgozzare come montoni. I non ebrei hanno poi resistito così tanto? E gli ebrei hanno resistito così poco? Ciò che in parte falsa i dati del problema è che molti dei nostri giudizi si fondano su un presupposto: quello del «genocidio» degli ebrei. Va da sé che se questo «genocidio» ci fosse stato, si avrebbe voglia di trattare gli ebrei da vigliacchi. E il rimprovero che spesso, pare, i giovani ebrei muovono ai loro padri. Ma, se come affermano i revisionisti, il «genocidio» non è che una leggenda, allora l’accusa di vigliaccheria non ha fondamento alcuno.



    q Storia Illustrata - Se da parte di Hitler non c ‘era una deliberata volontà di genocidio, perché allora Auschwitz, Treblinka, Belzec e gli altri campi di sterminio? Sono esistiti, sono una realtà. Vi sono entrati, e vi sono morti, non solo ebrei, ma anche «politici», zingari, slavi, omosessuali, cioè tutti quei «diversi» che il razzismo nazista condannava. Perché allora aver organizzato quei campi, con quali finalità?



    q Robert Faurisson - Un campo può essere definito di «sterminio» solo se vi si sterminano degli uomini. Questo è così vero che, secondo la terminologia creata dagli storici ufficiali, sono chiamati di «sterminio» solo quei campi che si pretende fossero dotati di una o più «camere a gas». Questi campi non sono esistiti. La tremenda epidemia di tifo di Bergen-Belsen non ha trasformato questo campo (per la maggior parte senza reticolati) in un campo di sterminio. Quei morti non sono un crimine, ovvero sono solo un crimine dovuto alla guerra e alla follia degli uomini. Gli Alleati dividono una pesante responsabilità con i tedeschi per lo spaventoso caos in cui l’Europa, le sue città, le sue strade, i suoi campi di rifugiati o di internati si trovarono alla fine della guerra. Gli Alleati hanno diffuso a profusione foto che mostrano i carnai di Bergen-Belsen. Ora, migliaia di detenuti sono morti di tifo dopo l’ingresso degli inglesi a Bergen-Belsen. Gli inglesi non riuscirono, non diversamente dai tedeschi, ad arginare questa terribile epidemia. Sarebbe allora onesto trattarli da criminali? I primi campi di concentramento nazisti sono stati concepiti per l’internamento e la rieducazione (sic!) degli oppositori politici di Hitler. La propaganda sostenne che questi campi, aperti a numerose visite, costituivano un progresso rispetto alle prigioni dove marcisce il prigioniero di diritto comune. Vi si potevano trovare anche degli ebrei, ma in quanto comunisti, socialdemocratici, ecc... Gli ebrei in quanto tali sono stati messi in campo di concentramento solo durante la guerra, soprattutto dal 1942. Coloro che erano stati internati nel 1938 per rappresaglia all’attentato di un ebreo contro Von Rath (nota) erano stati per la maggior parte liberati dopo qualche mese. Prima della guerra, Hitler aveva tentato con un certo successo di provocare l’esodo degli ebrei. Egli augurava la creazione di un focolare nazionale ebraico fuori d’Europa. Il «progetto Madagascar» era concepito come progetto di un focolare ebraico sotto responsabilità tedesca. Prevedeva prioritariamente lavori di prosciugamento, sistema bancario ecc... La guerra ne ha impedito la realizzazione; sarebbero state necessarie troppe navi. La piccola Germania - date un’occhiata alla carta del mondo - era impegnata, insieme al Giappone e a qualche altro alleato, in una formidabile lotta contro dei giganti. La sua preoccupazione principale era vincere la guerra. Secondario era invece trovare una soluzione al problema ebraico, una soluzione che fosse una, definitiva, una «soluzione finale», una «soluzione d’insieme» a un problema che, in un certo modo, era vecchio come il popolo ebraico. Questa soluzione provvisoria, a causa della guerra, sarebbe stata, grosso modo, «respingere verso Est» questi ebrei, nei campi. Auschwitz era innanzitutto e soprattutto una molto importante concentrazione industriale dell’Alta Slesia composta da tre campi principali e da quaranta campi secondari ripartiti su tutta una regione. Le attività minerarie, industriali, agricole e di ricerca erano considerevoli: miniere di carbone (alcune delle quali a capitale francese), petrolchimica, armi, esplosivi, benzina e caucciù sintetici, allevamento, piscicoltura, ecc... Ad Auschwitz si trovavano sia internati sia lavoratori liberi, sia condannati a vita sia internati a termine. Nel campo di Auschwitz-II, o Birkenau, si aveva il pietoso spettacolo di numerose persone inabili al lavoro che marcivano sul posto. Tra questi, gli zingari che, tranne qualche eccezione, sembra che i tedeschi non abbiano messo al lavoro. Ad Auschwitz sono nati numerosi bambini zingari, e sembra che solo degli zingari nomadi vi siano stati internati, e non per ragioni razziali, ma per nomadismo e per «delinquenza potenziale». Ricordo che nella stessa Francia persino i resistenti non vedevano di buon occhio gli zingari, e li sospettavano di spionaggio, di essere informatori e di fare il mercato nero. Sarebbe interessante stabilire quante carovane di zingari hanno continuato a percorrere l’Europa in guerra. Quanto agli omosessuali, come molti altri «delinquenti» erano tratti dalle prigioni o inviati direttamente ai campi per lavorarvi; la legislazione tedesca, come molte altre legislazioni dell’epoca, reprimeva l’omosessualità. Quanto agli slavi, chi di loro era nei campi non vi si trovava in qualità di slavo ma in quanto internato politico, prigioniero di guerra, ecc..., allo stesso titolo dei francesi. Ad Auschwitz c’erano persino dei prigionieri di guerra britannici catturati a Tobruk. La preoccupazione principale dei tedeschi, a partire dal 1942, era di mettere al lavoro tutti questi internati (tranne gli inabili, e, sembra, gli zingari) per vincere la guerra. Ad Auschwitz esistevano persino dei corsi di formazione professionale per i giovani dai 12 ai 15 anni, per muratori, per esempio. I responsabili tedeschi delle deportazioni di stranieri verso i campi insistevano per ottenere il maggior numero possibile di «abili al lavoro». I governi stranieri, da parte loro, insistevano perché le famiglie non fossero smembrate e perché vecchi e bambini si aggregassero ai convogli. Nè gli ebrei, né gli altri avevano coscienza di partire verso qualche sterminio se devo credere alle testimonianze, come quella di Georges Wellers in L’ètoile jaune à l’heure de Vichy («La stella gialla all’epoca di Vichy»). Avevano ragione. Fortunatamente questo massacro era solo una frottola di guerra. Peraltro, si fa fatica a pensare che la Germania, che era drammaticamente a corto di locomotive, di vagoni, di carbone, di personale qualificato, e di soldati, abbia potuto attuare un tale sistema di convogli per macelli. Questi convogli, lo voglio ricordare, avevano la priorità persino su quelli con materiali da guerra. La manodopera soprattutto qualificata: ecco la principale preoccupazione dei tedeschi.



    q Storia Illustrata - Lei è specializzato nella critica testuale e dei documenti, letteraria, ma ha fatto di questo problema il suo terreno preferito di «ricerca storica». Perché? Che cosa intende dire quando afferma che sul problema delle camere a gas e dello sterminio degli ebrei c’è una «cospirazione del silenzio»? Perché ci dovrebbe essere, e da porte di chi?



    q Robert Faurisson - Per me la critica dei testi e dei documenti mira a stabilire il grado di autenticità e di veridicità di ciò che si legge. Si cerca così di distinguere il vero dal falso, il senso e il controsenso, ecc... Suppongo che questa preoccupazione doveva quasi fatalmente condurmi a rilevare alcuni falsi storici e in particolare, a rilevare quello che tra qualche anno apparirà a qualsiasi storico come un falso monumentale. La cospirazione del silenzio intorno alle opere dei revisionisti fa sì che esse siano, nella maggior parte, dei «samizdat» (nota). In quanto agli autori che riescono a infrangere il muro del silenzio, sono trattati da nazisti, e relegati quindi in un ghetto. I metodi usati contro gli storici o le persone non conformiste vanno dalla pura e semplice criminalità alle persecuzioni legali, passando attraverso metodi di bassa polizia. Lobbies di tutti i generi fanno regnare o tentano di far regnare un’atmosfera di terrore. Ne so qualche cosa. Io non posso più insegnare all’università, la mia vita è diventata difficile. Mi scontro con interessi giganteschi. Ma alcuni giovani mi sostengono. Prima o dopo luce sarà fatta. Anche degli ebrei sono al mio fianco; anche essi vogliono denunciare la menzogna e la persecuzione. Più che alla cospirazione credo alla forza del conformismo. I vincitori dell’ultima guerra avevano bisogno di farci credere all’ignominia intrinseca del vinto. Sovietici e occidentali, che erano divisi da tutto, su questo punto avevano trovato un buon terreno d’accordo. Hollywood e l’apparato propagandistico staliniano hanno unito i loro sforzi. Quale fracasso propagandistico! I principali beneficiari di questa operazione sono stati forse lo Stato di Israele e il sionismo internazionale. Le principali vittime sono stati il popolo tedesco - ma non i suoi dirigenti - e il popolo palestinese al completo. Ma in questi giorni gira zizzania nell’aria; sionisti e polacchi presentano versioni divergenti su Auschwitz.



    q Storia Illustrata - Lei contesta molto dei metodi che gli storici «ufficiali» hanno applicato a questa ricerca storica. Questo capitolo di storia del XX secolo non sarebbe stato scritto comme il faut. Perché, e perché avrebbero dovuto farlo?



    q Robert Faurisson - Gli storici ufficiali hanno mancato ai loro impegni. In questo affare non hanno rispettato i metodi abituali della critica storica. Hanno seguito la corrente generale, quella imposta dai mass media. Si sono lasciati assorbire dal sistema. Uno storico ufficiale come il professore universitario Helmut Diwald va incontro a terribili noie se si arrischia semplicemente a dire che il «genocidio», nonostante l’abbondante letteratura che gli è consacrata, «non è stato ancora ben chiarito». In seguito alla pressione delle organizzazioni ebraiche tedesche, la seconda edizione della sua Storia dei tedeschi è stata «ricomposta e migliorata» (sic!) là dove era necessario. Il coraggio di Paul Rassinier sta proprio nell’aver applicato i metodi abituali della critica storica. Agli accusatori dei tedeschi in un certo modo ha detto: «Mostratemi le vostre prove». «I vostri documenti danno garanzia di autenticità»? «Siete sicuri che questa espressione, questa frase hanno il senso che attribuite loro»? «Di dove vengono le vostre cifre»? «Come è stato possibile stabilire questa statistica»? «Di dove viene la didascalia di questa foto»? «Chi mi dice che questa vecchia e questo bambino che vedo su questa foto sono “sulla strada della camera a gas”»? «Questo ammasso di scarpe significa che si gassavano delle persone in questo campo oppure che molti detenuti di questo campo erano proprio impiegati a fabbricare scarpe»? «Dove è il manoscritto di quella straordinaria testimonianza che dovrebbe avere una sola versione, e che invece vedo pubblicare nelle forme più diverse e contraddittorie, comprese quelle pubblicate da parte di alcuni storici»?, ecc... Paul Rassinier, modesto professore di storia e di geografia, ha dato una notevole lezione di chiaroveggenza e di probità ai suoi eminenti colleghi d’università. Autentico rivoluzionario, autentico resistente, autentico deportato, questo uomo amava la verità come si deve: fortemente e soprattutto. Egli ha denunciato ciò che chiama «la menzogna di Ulisse». Ulisse, è risaputo, nell’esilio ha conosciuto cento prove, ma, ritornato a casa, ne ha raccontato mille. Sappiamo che l’uomo ha molta difficoltà a non affabulare. é spesso ghiotto di straordinarie storie di caccia, di pesca, di amore, di denaro. Ma, soprattutto, abbonda nei racconti di atrocità. L’americano Arthur R. Butz ha scritto un libro magistrale: The Hoax of the XXth Century («L’impostura del secolo XX»). Questo libro provoca sconcerto tra gli «sterminazionisti». La dimostrazione è incontrovertibile. La sua traduzione è stata praticamente proibita in Germania con l’iscrizione del libro sull’elenco delle «opere pericolose per la gioventù». Il tedesco Wilhelm Staglich ha pubblicato Der Auschwitz Mythos («Il Mito di Auschwitz»). Il gruppo svedese di Jewish Information annuncia un Auschwitz Exit. Altri ebrei hanno scritto in senso revisionista: J. C. Burg, in Germania, per esempio. E non è molto che la rivista di estrema sinistra La Guerra Sociale ha pubblicato uno studio intitolato De l’exploitation dans les camps à l’exploitation des camps («Dallo sfruttamento nei campi allo sfruttamento dei campi»). In Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Germania (in questo Paese la persecuzione dei revisionisti è impietosa), in Australia, in Belgio, in Francia, un po’ ovunque delle voci si levano per chiedere che infine si rinunci a un’assurda propaganda di guerra. Conosco anche, ma non posso fare i loro nomi in questa sede, degli storici ufficiali che stanno uscendo dall’incubo. Forse stanno per rinunciare alle delizie di quello che lo storico revisionista David Irving chiama «l’incesto tra storici». Questa imaginifica espressione illustra la pratica che consiste nello sprimacciare voluttuosamente ciò che altri storici hanno affermato su un dato soggetto e nel rinnovarlo solo con dei sottili arzigogoli. Bisogna avere assistito ad un congresso di storici sul nazismo. Che strana comunione nel rispetto del tabù! E come ci si sorveglia e ci si sente sorvegliati! Guai a chi turbasse la cerimonia espiatoria esponendo una tesi non ufficiale! Urla e censura.



    q Storia Illustrata - Lei è antisemita? Come giudica il nazismo?



    q Robert Faurisson - Non sono antisemita. Bisogna evitare di vedere dappertutto antisemiti. Gli ebrei che denunciano l’impostura del «genocidio» sono come quei cattolici che dicono che c’è un’impostura di Fatima, dove migliaia di testimoni avrebbero visto danzare il sole. La verità, o la ricerca della verità, come può essere antisemita? Il nazismo di fatto era la dittatura del Führer. è morto con il suo Führer il 30 aprile 1945. Non contate su di me per sputare sul cadavere del nazismo. In quanto uomo non ammetto che si diffami il popolo tedesco attribuendogli dei crimini che sarebbero senza precedenti nella storia dell’uomo. Non ammetto soprattutto che sia stato così bene «rieducato» da essere il primo a credere a questi crimini, e che si diffami da sé più di quanto non glielo chiedano i suoi stessi dirigenti. Da storico, constato che Konrad Adenauer (1876-1967), Willy Brandt (1913-1992) ed Helmut Schmidt ripetono la lezione dei vincitori dell’Ovest mentre i loro omologhi della Germania dell’Est ripetono quella dei vincitori dell’Est. Suppongo sia la Realpolitik.



    q Storia Illustrata - Lei nega anche che il numero delle vittime, i sei milioni, sia attendibile. Fossero anche di meno, cambierebbe qualcosa al fatto che genocidio c’è stato, e poco conta quante sono state le vittime?



    q Robert Faurisson - Sei milioni di persone sono la popolazione di un Paese come la Svizzera. Nessuno, al processo di Norimberga, aveva la minima possibilità di puntellare una tesi così stravagante. è il mattino del 14 dicembre 1945 che il procuratore americano Dodd tentò di accreditare questa cifra leggendo una dichiarazione del testimone Hottl. Il pomeriggio dello stesso giorno era costretto a battere in ritirata per l’intervento dell’avvocato Kauffmann, ben deciso a chiedere l’escussione del testimone per chiedergli conto di questa cifra. Disgrazia vuole che la stampa e gli storici hanno ritenuto questa cifra come se il tribunale stesso vi avesse più o meno creduto. Queste sono le mie stime:



    1°) il numero di ebrei sterminati dai nazisti (o vittime del «genocidio») è fortunatamente uguale a zero;

    2°) il numero di Europei uccisi per fatti di guerra (fatti di guerra spesso atroci) potrebbe essere nell’ordine dei 40 milioni; di questi, quello degli ebrei europei potrebbe essere dell’ordine di un milione, più probabilmente di alcune centinaia di migliaia se non si contano gli ebrei combattenti sotto diverse bandiere alleate. Insisto sul fatto che da parte mia si tratta di una stima che non ha carattere propriamente scientifico. Per contro, ho molte buone ragioni per pensare che la cifra dei morti di Auschwitz (ebrei e non ebrei) sia di 50.000 circa (cinquantamila) e non di 4 milioni, come a lungo si è preteso, prima di accontentarsi di un milione come sta facendo l’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco. Quanto al numero dei morti di tutti i campi di concentramento dal 1933-34 al 1945, penso debba essere stato di 200.000, o tutt’al più di 360.000. Un giorno citerò le mie fonti, ma già da ora dico che se si impiegassero i calcolatori si potrebbe certamente sapere presto il numero reale dei morti. I deportati venivano schedati ai diversi livelli, devono avere lasciato numerose tracce.



    Storia Illustrata - Si rende conto che lei potrebbe contribuire a una specie di «riabilitazione» del nazismo?



    Robert Faurisson - Significa riabilitare Nerone dire che non abbiamo alcuna prova che egli abbia fatto incendiare Roma? Ciò di cui bisogna preoccuparsi di riabilitare o di ristabilire è la verità, almeno quando lo possiamo fare. Lo storico non ha da preoccuparsi degli interessi di Tizio o di Caio. L’importante per me è di portare il mio contributo a una storia veridica della Seconda Guerra Mondiale. Se un vecchio nazista venisse a dirmi che le pretese «camere a gas» e il preteso «genocidio» degli ebrei sono una sola e unica menzogna storica lo approverei come se mi dicesse che due e due fanno quattro. Non andrei oltre e lo lascerei alle sue idee politiche. Il neonazismo è in gran parte un’invenzione dei mass media che ci vendono persino un nazismo da sex-shop. é come la pretesa «colonna Odessa» o le colonie naziste in America del Sud, o le croniche riapparizioni di Hitler e di Martin Bormann. Se ne fanno di soldi con queste invenzioni! Credo che in Germania coloro che dai loro avversari politici vengono definiti «neonazisti» compongono lo 0,7% del corpo elettorale. Viviamo nella fantasmagoria, in una specie di nazismo senza nazisti. A questo proposito la rimando alle pertinenti analisi di Gilbert Comte apparse su Le Monde del 29 e 30 maggio 1979. Poiché nulla è gratuito a questo mondo, va da sé che lo smontare questo delirio mette in evidenza un gioco molto complesso di interessi, di passioni, di conflitti a livello planetario. Lo Stato di Israele ha un interesse vitale a mantenere questa fantasmagoria che ha non poco reso possibile la sua creazione nel 1948. Anche uno Stato come quello francese ha interesse a mascherare la realtà di numerosi conflitti mantenendo mobilitati gli animi contro il peggior nemico che ci sia: la famosa immonda bestia nazista, una bestia morta 35 anni fa e sul cui conto e concesso sbizzarrirsi. Ecco quindi queste perpetue cerimonie espiatrici, queste condanne alle fiamme eterne, questa necessità di vendetta, di castigo e di denuncia senza limite di tempo, di luogo o di persona.



    q Storia Illustrata - Non crede che trattare in questo modo il problema del genocidio sia screditarne il ricordo su cui si basa principalmente la convinzione diffusa che l’antisemitismo è il peggiore dei tanti razzismi praticati nel XX secolo? Un ricordo screditato non serve a nulla, infatti.



    q Robert Faurisson - L’antisemitismo non e il peggiore dei razzismi, ma un buon sistema per farcelo credere è appunto di farci credere al «genocidio» degli ebrei. I sionisti sono andati troppo oltre. Coloro che avrebbero voluto rifiutare il principio delle «riparazioni finanziarie» versate dalla Germania in particolare in nome del «genocidio» avrebbero dovuto essere ascoltati. Sfortunatamente Ben Gurion (1886-1973) per lo Stato di Israele, e Nahum Goldmann per lo Stato di Israele e per la Diaspora allo stesso tempo hanno voluto trarre un gigantesco profitto finanziario da questo affare. Adenauer vi si è prestato. Tutto ciò dà all’impostura del «genocidio» un aspetto ancora più sgradevole. Leggete la stupefacente intervista di Nahum Goldmann apparsa sul nº 624 del Nouvel Observateur (25-29 ottobre 1976): raramente si è visto un uomo tanto piacevolmente stupito e felice di avere concluso una così splendida operazione finanziaria.



    q Storia Illustrata - Nel corso della sua polemica con quanti le contestano questa tesi, lei ha anche affermato che buona parte di quanto il pubblico conosce è leggenda, e che essa sarebbe stata resa possibile da un uso «indiscriminato» dei mass media. Che intende dire esattamente con ciò?



    q Robert Faurisson - Questo è un punto grave e appassionante. La responsabilità dei mass media in tutto questo affare è schiacciante. Per 35 anni, sui cinque continenti, la leggenda del «genocidio» e delle «camere a gas» ci è stata presentata come una verità. Miliardi di uomini sono stati così tratti in inganno. è una cosa che dà le vertigini a pensarla. Quale lezione per quanti credono in una informazione diversa e contraddittoria! C’è voluta la lotta eroica di qualche individuo, di qualche spirito non conformista perché uno spiraglio si aprisse nello schermo della verità ufficiale. Potrei scrivere un lungo studio sul modo in cui i giornali e la televisione francesi soffocano l’informazione, aiutati dai tribunali e dai poteri pubblici nel loro insieme. I giornalisti temono che in un prossimo futuro venga istituita la banca dei dati dell’informazione. Questa informazione risulterebbe da una selezione (delle notizie; N.d.R.) che non ci sarebbe modo di controllare. Ho un consiglio da dare loro. Se vogliono sapere come corrono il rischio di essere ingannati, si chinino sul passato, e per qualcuno di essi, sul loro proprio passato. Per sapere come si rischia un giorno di mentire vadano a vedere con quale gelosa cura è stata conservata la più bella menzogna di tutti i tempi. Quando Luigi XIV (1638-1715) mentiva, le sue menzogne non superavano qualche provincia. Ai giorni nostri, la menzogna può prendere dimensioni veramente hollywoodiane. Un «docu-dramma» come Olocausto è il coronamento di un’opera. Non era concepibile negli anni del dopoguerra, che pure erano ben impregnati di odio. Ci volevano trenta e più anni di intossicazione. Una droga così forte come Olocausto poteva essere somministrata solo ad animi già lungamente impregnati di altre droghe dello stesso genere e che spontaneamente ne reclamano di più forti. Ma l’overdose ha prodotto effetti salutari grazie alla visione stessa che abbiamo della nostra decadenza. Si sono potute rilevare delle sane reazioni. Penso in particolare a una reazione veramente notevole dell’«ebreo libero» Michel Rachline, apparsa nel Figaro-Magazine, del 3 marzo 1979. La non esistenza delle «camere a gas» e del «genocidio» è una buona notizia. L’uomo, pur capace dei massimi errori, non è stato capace di questo. C’è di meglio: milioni di uomini che ci sono stati presentati come complici di un crimine mostruoso o come vigliacchi o come bugiardi erano onesti. Ho già detto che gli ebrei accusati dai loro figli di essersi comportati come pecore che i tedeschi avrebbero condotto al macello non meritavano questa accusa. Aggiungo che gli accusati di Norimberga e di mille altri processi dicevano la verità quando affermavano ai loro giudici accusatori di non sapere nulla di questi orribili massacri. Il Vaticano e la Croce Rossa dicevano il vero quando confessavano pietosamente la stessa ignoranza. Gli americani, gli inglesi, gli svizzeri, gli svedesi e tutti quei popoli o governi ai quali oggi degli ebrei estremisti rimproverano di essere stati passivi mentre pare, funzionavano i macelli nazisti, non devono più comportarsi da colpevoli pentiti. Il risultato più vergognoso di questa gigantesca impostura era e resterà ancora per un certo tempo questa cattiva coscienza che gli ebrei estremisti hanno creato in tanti popoli, e in particolare nel popolo tedesco. Soprattutto non vorrei dare l’impressione di cercare, poco o tanto, di fare l’apologia del nazismo. Credo persino di poter presentare un’analisi severa di questo genere di ideologia. Ma non proporrò questa analisi fintanto che il falso nazismo col quale ci stancano gli «sterminazionisti» non sarà stato denunciato dall’insieme degli storici ufficiali. Queste persone, attaccando un nazismo che non è mai esistito, danno l’impressione di essere incapaci di aggredire la realtà di ciò che il nazismo è stato. Mi fanno pensare a coloro che rappresentano il Male nella forma di un diavolo con graticola, tridente e fiamme. Il Male in realtà, e noi lo sappiamo bene, è nei sistemi di vita che l’uomo si è creato. Finché ce la prenderemo con le forme mitiche del Male, il Male se la caverà bene. La nostra società è disorientata. In pieno XX secolo ha reinventato il diavolo. Essa combatte un nemico immaginario. Ha qualcosa di meglio da fare. Uno sforzo di analisi si impone. Apriamo gli occhi su ciò che i mass media hanno fatto di noi. Smascheriamo ciò che il potere cerca di nascondere. In ogni campo.



    1 R. Höss è stato uno dei tre comandanti di Auschwitz, tutti e tre catturati e interrogati dagli Alleati. Solo Höss ha rilasciato una «confessione» che si deve ai suoi carcerieri polacchi.



    2 Termine con il quale si indicano i complessi formati da crematori e dalle pretese «camere a gas».







     
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  2. NAGUAL TOLTECO
     
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    che ci sia una accordo di stampo mafioso internazionale tra i vertici sionisti europei ed americani.... me ne convinco sempre di + e tante cose lo provano...

    che hitler e la germania nazista siano stati finanziati dai banchieri centrali internazionali tra cui c'è anche il sionista rothschild è un fatto e non teorie...

    che i vertici sionisti abbiano concordato in questa macchinazione infernale nel sacrificare la loro stessa gente, oltre 60 milioni di ebrei x me non ci piove...

    e che questa sia stata una manovra escogitata per creare dei pretesti a cui poi appore la soluzione per me è evidente

    ma le camere a gas ci sono state davvero e milioni di persone ci sono morte davvero!! e questo è un fatto!!
     
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  3. personcina82
     
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    CITAZIONE (NAGUAL TOLTECO @ 16/8/2008, 15:15)
    che ci sia una accordo di stampo mafioso internazionale tra i vertici sionisti europei ed americani.... me ne convinco sempre di + e tante cose lo provano...

    che hitler e la germania nazista siano stati finanziati dai banchieri centrali internazionali tra cui c'è anche il sionista rothschild è un fatto e non teorie...

    che i vertici sionisti abbiano concordato in questa macchinazione infernale nel sacrificare la loro stessa gente, oltre 60 milioni di ebrei x me non ci piove...

    e che questa sia stata una manovra escogitata per creare dei pretesti a cui poi appore la soluzione per me è evidente

    ma le camere a gas ci sono state davvero e milioni di persone ci sono morte davvero!! e questo è un fatto!!

    Esatto.
    E in più c'è anche il ricordo di chi queste cose le ha vissute e viste.





    http://it.youtube.com/watch?v=BMjZRfOVMjE



     
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  4. GAN8
     
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    TESTIMONIANZE OCULARI DELLE GASSAZIONI OMICIDE
    Nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale






    Conferenza di Jurgen Graf[1] (2000)







    1. Qualche commento di base



    Nessuno contesta che gli ebrei furono perseguitati durante la seconda guerra mondiale. Questa persecuzione fu reale e brutale; tuttavia, i ricercatori revisionisti contestano l’esistenza di un programma nazionalsocialista volto ad una distruzione sistematica degli ebrei, o che ci furono campi di sterminio con camere a gas per l’uccisione dei prigionieri ebrei, e che la persecuzione ebbe come conseguenza sei milioni di vite ebraiche. I revisionisti non contestano che gli ebrei furono fucilati nella zona orientale di guerra, essi mettono solamente in discussione il numero delle vittime che viene presentato nella letteratura ufficiale.



    Quello che accadde tra il 1941 e il 1945 fu, secondo i revisionisti, un’atrocità che in teoria non è dissimile da altre innumerevoli atrocità registrate nel corso della storia. Troppo spesso è accaduto nel passato che qualche popolazione sia stata discriminata, deportata per essere utilizzata come mano d’opera schiavista, dove molti perirono anche per denutrizione, malattia o esaurimento organico. In quasi tutte le guerre è accaduto che civili siano stati fucilati, e siano stati commessi contro civili altri atti criminali, e di conseguenza, in contrasto con gli storici ufficiali, i revisionisti non accettano che l’”Olocausto” venga considerato “unico”.



    Una cosa è certa; se la storiografia ufficiale è nel giusto, si dovrebbe riconoscere l’unicità del crimine non a causa del numero delle vittime; nessuno nega il fatto che il comunismo abbia fatto molte più vittime del nazionalsocialismo, ma a causa del metodo applicato. Omicidi di massa sono stati registrati molte volte nel corso della storia, ma mai in mattatoi chimici. Perciò la questione riguardante l’esistenza o la non esistenza di camere a gas omicide è della massima importanza. Quello che è comunemente descritto come l’”Olocausto” sarebbe stato impossibile senza camere a gas omicide perché i tedeschi non avrebbero avuto i mezzi per realizzare il presunto sterminio sistematico.



    2. Le obiezioni più comuni contro il revisionismo



    La tesi revisionista deve all’inizio sembrare assurda a chiunque non abbia mai esaminato criticamente l’”Olocausto”. Ogni persona allevata nell’emisfero occidentale ha costantemente sentito dire fin dalla prima infanzia, dello sterminio degli ebrei, delle camere a gas e dei sei milioni; dubitare di ciò, sarebbe come affermare che la seconda guerra mondiale non è mai avvenuta. Nelle discussioni con persone che non hanno mai letto i nostri scritti, i revisionisti sono sempre sfidati con tre comunissime obiezioni che approssimativamente sono le seguenti:



    Prima obiezione: dove sono finiti i milioni di ebrei? Per esempio, prima della seconda guerra mondiale, circa tre milioni di ebrei vivevano in Polonia; poi dopo la guerra ce n’erano poche decine di migliaia o centinaia di migliaia al massimo. Questo prova che da 2.5 a 3 milioni di ebrei polacchi furono uccisi dai tedeschi.



    Seconda obiezione: nella primavera del 1945, quando le truppe americane liberarono un certo numero di campi di concentramento, essi trovarono pile di cadaveri e scheletri viventi. Tutti hanno visto quelle immagini. Sono tutti falsi hollywoodiani?



    Terza obiezione: innumerevoli testimoni oculari hanno descritto lo sterminio nelle camere a gas. Erano tutti mentitori? E’ impossibile per così tanti individui raccontare la stessa storia indipendentemente gli uni dagli altri. Inoltre, molti assassini - il più importante è Rudolf Hoess, il primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz - hanno confessato di aver partecipato allo sterminio. Queste confessioni sono state tutte ottenute con la tortura?



    Oggi intendo esaminare la terza di queste obiezioni, affrontando le testimonianze oculari. Ma, prima di tutto, alcune brevi osservazioni sulle altre due.



    Iniziamo con la questione di cosa sia successo agli ebrei scomparsi, se essi non furono uccisi. Un altro oratore affronterà questo argomento in dettaglio, io mi limiterò a rispondere con un contro argomento facile da comprendere, e di cui sono debitore al ricercatore francese Jean-Marie Boisdefeu:[2]



    “Al tempo del regime coloniale in Algeri, circa un milione di francesi vivevano lì. Quando il Fronte di Liberazione Nazionale giunse al potere, il numero si ridusse approssimativamente a 100.000. Questo significa che i partigiani algerini uccisero 900.000 francesi? Certamente no, la risposta è casomai che la maggior parte dei residenti francesi tornarono in Francia spontaneamente prima che l’indipendenza venisse raggiunta. Perciò, l’assenza di ebrei polacchi non è una prova che essi furono tutti uccisi. Non è forse possibile che una gran parte, forse addirittura la maggioranza di essi, sia ancora viva, solo non vivente in Polonia, ma piuttosto in altri paesi?”



    I cambiamenti demografici in Polonia, come evidenziato da J. M. Boisdefeu, furono molto più drastici; l’intera metà orientale, dove fino al 1939 visse la maggioranza degli ebrei, fu annessa dall’Unione Sovietica, e per compensazione la Polonia acquisì grandi aree del territorio tedesco - dove quasi nessun ebreo aveva vissuto prima della guerra - rispetto all’Algeria, dove i confini rimasero in gran parte intatti.



    Una breve storia, pubblicata il 24 Novembre 1978 sullo State Times (Baton Rouge, Louisiana), spiega molto più vividamente di qualunque complicato studio demografico il destino degli ebrei polacchi, e da questa cito il seguente passaggio:



    “Gli Steinberg un tempo prosperavano in un piccolo villaggio ebreo in Polonia. Questo fu prima dei campi della morte di Hitler. Ora più di 200 sopravvissuti disseminati nel mondo e i loro discendenti sono riuniti qui per condividere una speciale celebrazione di quattro giorni che è iniziata, appropriatamente, il giorno del Ringraziamento.

    I parenti sono venuti Giovedì dal Canada, dalla Francia, dall’Inghilterra, dall’Argentina, dalla Colombia, da Israele e da almeno 13 città da una parte all’altra degli Stati Uniti. “E’ favoloso”, ha detto Iris Krasnow, di Chicago, “Ci sono qui cinque generazioni, da 3 mesi di età fino a 85 anni. La gente sta festeggiando e si gode un momento meraviglioso. E’ quasi come una riunione di rifugiati della seconda guerra mondiale.”” [STATE TIMES, Baton Rouge, Louisiana, 24 Novembre 1978, p.8].



    Passiamo alla seconda obiezione contro il revisionismo, quella concernente le immagini dei cadaveri e degli scheletri viventi che furono trovati nei campi liberati. Quelle immagini non sono affatto falsificazioni prodotte a Hollywood; purtroppo sono vere. Tuttavia tutti gli storici, sia ortodossi che revisionisti, concordano sul fatto che i cadaveri che vediamo in quelle immagini non sono vittime assassinate ma vittime di epidemie e denutrizione. Verso la fine del 1944, la situazione nei campi di concentramento peggiorò pesantemente a causa del tracollo della Germania. La distruzione, attuata con i bombardamenti, del sistema di trasporto portò a carestie di cibo, e i campi occidentali ancora funzionanti finirono col diventare totalmente sovraffollati, a causa del trasferimento di detenuti dai campi orientali. Si diffusero le epidemie, le quali, a causa delle carestie, non potevano essere tenute sotto controllo cosicché, conseguentemente, il tasso di mortalità a Dachau - per esempio - dall’inizio del Gennaio del 1945 fino alla fine dell’Aprile successivo, fu non minore di 15.384 individui. Una cifra superiore a quella del totale dei cinque anni precedenti! La cifra totale delle vittime dall’inizio del 1940 alla fine del 1944 ammonta infatti a 12.455.[3] Ora, le fotografie suddette non hanno assolutamente nulla a che fare con il cosiddetto “Olocausto”, avvenuto in massima parte nelle camere a gas e che venne interrotto nell’autunno del 1944, secondo gli storici ortodossi. Ma tuttavia tali immagini sono continuamente mostrate per provare l’”Olocausto”, e la “prova dell’esistenza delle camere a gas omicide ad Auschwitz e a Treblinka viene ottenuta in modo fraudolento mostrando le immagini delle vittime della denutrizione, del tifo e della dissenteria. Queste sono alcune delle buffonate utilizzate dai rappresentanti della storiografia ufficiale.



    3. Il valore delle testimonianze oculari nella letteratura ufficiale dell’”Olocausto”



    Il libro di Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei europei,[4] è considerato l’opera più completa sull’”Olocausto”. La persecuzione degli ebrei europei, vale a dire le politiche antiebraiche messe in opera dai tedeschi e dai loro alleati, è trattata in centinaia di pagine dei tre volumi, completi di note a piè di pagina riguardanti le fonti. Tuttavia questo libro non è intitolato La persecuzione degli ebrei europei, il titolo è La distruzione degli ebrei europei, ed è perciò fuorviante, perché solo una porzione insignificante di quest’opera gigantesca affronta le fondamenta dell’”Olocausto”, e cioè la pretesa distruzione degli ebrei nei campi di sterminio. Nell’edizione tedesca di questo libro, Hilberg affronta lo “sterminio” soltanto in 19 delle 1351 pagine complessive. Aggiungendo le 11 pagine che si occupano della “evacuazione dei campi di sterminio”, abbiamo un totale di 30 pagine, poco più del 2% riguardante lo sterminio degli ebrei. Il lettore attento di quelle 30 pagine, comprese le note, presto si rende conto che Hilberg basa il suo racconto esclusivamente su resoconti di testimoni oculari e non su documenti. Perché? Perché come non esistono documenti che descrivano la costruzione e il funzionamento delle camere a gas omicide, così non esistono documenti riguardanti un piano tedesco per lo sterminio fisico degli ebrei.



    Il libro Le crematoires d’Auschwitz,[5] pubblicato nel 1994 per la penna del ricercatore francese Jean-Claude Pressac, venne salutato dal mondo occidentale come la confutazione del revisionismo. Pressac promette nella prefazione di non basarsi sulle “sempre insoddisfacenti” testimonianze oculari, ma piuttosto sui documenti.[6] Ma il lettore poi scopre con sua sorpresa, che invece Pressac si basa sui resoconti dei testimoni oculari come una fonte attendibile ogni volta che descrive le gassazioni omicide!



    Nel 1996 il francese Jacques Baynac fu il primo rappresentante della versione ortodossa dell’”Olocausto” a riconoscere che non esiste prova scientifica dell’esistenza delle camere a gas omicide nei campi di guerra nazionalsocialisti. Egli scrive:



    “Per uno storico scientifico, la testimonianza oculare non rappresenta la vera storia. E’ piuttosto un oggetto della storia. Una singola testimonianza oculare non ha molta importanza, e molte testimonianze non pesano molto di più, perché nessuna di loro è basata sui documenti. Il postulato della storiografia scientifica deve essere, senza esagerazione: Niente documenti, niente prove.[7]”



    4. I tre tipi di prova



    L’accusa maligna riguardante gli stermini, rivolta al popolo tedesco per oltre mezzo secolo, è basata solamente su resoconti di testimoni oculari. Noi revisionisti non siamo rimasti convinti da tali resoconti. Il nostro metodo è di investigare il destino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale nello stesso modo in cui vengono investigati gli altri eventi storici, un metodo accettato in criminologia, il che significa che esiste un ordine d’importanza riguardante le prove: la prova materiale viene per prima, la prova documentaria è la successiva, e i resoconti dei testimoni oculari vengono per ultimi.[8]



    Permettetemi di dimostrare questo con un semplice esempio. Un uomo è stato accoltellato a morte; l’arma del delitto, un coltello con tracce di sangue e impronte, è stato trovato vicino al cadavere. Un testimone oculare accusa il signor X. All’inizio dell’indagine la polizia ha fatto esaminare il coltello per vedere se il gruppo sanguigno della vittima è lo stesso di quello del sangue sul coltello, se la ferita può essere stata causata da quel coltello, e se le impronte sull’impugnatura sono quelle dell’accusato. Se i risultati di quest’indagine sono contrari al resoconto del testimone oculare, è il risultato dell’indagine a fare testo. Se, per esempio, le impronte sull’impugnatura non sono quelle del signor X e se l’investigatore accerta che la ferita inferta dalla pugnalata è stata fatta da una persona che ha usato la mano destra, mentre il signor X è mancino, l’investigatore concluderà che il testimone oculare si è sbagliato (forse perché il signor X è somigliante al vero assassino), o che ha mentito di proposito perché egli e il signor X sono nemici, ed egli desiderava danneggiare il signor X accusandolo di omicidio.



    Ci sono buone ragioni da parte dei procuratori per considerare inaffidabili i resoconti dei testimoni oculari. Primo, la memoria umana è imperfetta perché è sempre possibile che un testimone mescoli quello che ha vissuto con quello che ha letto o ascoltato successivamente. In secondo luogo, le emozioni, fattori come le simpatie e le antipatie, spesso giocano un ruolo. Da un punto di vista legale, bisogna distinguere tra resoconti di testimoni parziali e imparziali. Se, per esempio, un testimone imparziale descrive un incidente d’auto, la polizia darà, nel dubbio, più credito alla sua testimonianza che a quella degli automobilisti coinvolti perché essi probabilmente si chiameranno in causa l’uno con l’altro.



    La prova documentaria, come già detto, si colloca tra la prova materiale e la testimonianza oculare. Due esempi, che non riguardano l’argomento dell’”Olocausto”, mostreranno il perché. Il primo esempio dimostrerà la superiorità della prova obbiettiva rispetto ai documenti:



    Supponiamo che gli archeologi trovino un documento che fa apparire una città in un luogo dove oggi non c’è nient’altro che un terreno apparentemente non rimosso. Iniziano gli scavi ma non viene trovato nulla. Poiché persino dopo migliaia di anni dovrebbero esservi ancora delle tracce, il documento deve essere considerato errato. La prova obbiettiva, poiché non vi sono rovine della città, prevale sul documento; il documento non ha registrato una realtà storica, ma una leggenda. Il documento in sé stesso può essere autentico, ma il contenuto è difettoso.



    Il secondo esempio dimostra la superiorità della prova documentaria sulla testimonianza oculare. Supponiamo che un uomo venga accusato di aver commesso un crimine in una città in un determinato momento. Egli nega di essere stato presente in quella città in quel momento, e presenta un testimone oculare che giura che entrambi erano andati a fare una gita in montagna e non hanno incontrato nessuno. Ma poi la polizia trova, nella città dove il crimine è stato commesso, il conto di un albergo che mostra la data del crimine e la firma dell’accusato. Così, a causa della prova documentaria, si dimostra che il testimone oculare è un mentitore. Si può presumere che abbia mentito per proteggere il suo amico, o che sia stato pagato per farlo.



    Questo semplice esempio dimostra l’inaffidabilità delle testimonianze oculari; e poiché l’accusa dello sterminio di milioni di persone in mattatoi chimici si basa esclusivamente su testimonianze oculari, bisogna essere sospettosi, specialmente perché i testimoni non sono imparziali, ma sono quasi esclusivamente ex detenuti ebrei dei campi di concentramento, che soffrirono durante il loro internamento, e da cui difficilmente ci si può aspettare obbiettività nei confronti di coloro che li imprigionarono.

    5. Le testimonianze oculari contro le prove materiali e documentarie



    Abbiamo appena mostrato quali metodi la polizia userebbe per risolvere un crimine ordinario, non politico. Posti di fronte a un crimine straordinario e mostruoso come l’”Olocausto”, si deve presumere che le potenze vittoriose abbiano fatto qualsiasi cosa in loro potere per preservare le prove di questo crimine subito dopo che i campi vennero liberati. Sarebbe stato cruciale ottenere perizie: in che modo l’arma del delitto venne usata, che tipo di gas venne usato, e in quali attrezzature. I sovietici catturarono i campi di Auschwitz e Majdanek quasi indenni—le strutture che furono presuntamene utilizzate come camere a gas erano in parte intatte, in parte in rovina. Secondo le testimonianze oculari, in entrambi i campi venne usato per lo sterminio l’insetticida Zyklon B, contenente blu di Prussia (a Majdanek vennero presuntamente utilizzate piccole dosi di monossido di carbonio, dai container).



    Chimici, ingegneri e architetti avrebbero dovuto esaminare immediatamente i fabbricati, secondo criteri strettamente scientifici, per accertare se lo sterminio fosse stato possibile nelle modalità e nei tempi descritti dai testimoni oculari. Inoltre, le strutture presuntamente utilizzate come camere a gas omicide avrebbero dovuto essere esaminate per accertare se potevano essere state utilizzate a quello scopo. Successivamente si sarebbero dovuti esaminare i crematori per vedere se potevano aver trattato il numero presunto di cadaveri, e gli esperti avrebbero dovuto controllare se c’erano tracce di fosse di cremazione, etc.



    Niente di tutto ciò è accaduto. E’ vero, una commissione sovietica, subito dopo la liberazione di Majdanek (nel Luglio del 1944), esaminò qualcosa e scrisse un rapporto,[9] ma questo rapporto non è nemmeno menzionato dalla letteratura ufficiale dell’”Olocausto”, perché gli esperti sovietici si comportarono in modo fin troppo impreciso e fraudolento.[10] Ad esempio, la presenza dei recipienti di Zyklon B venne considerata quale prova delle gassazioni omicide, sebbene fosse largamente risaputo che questo insetticida veniva utilizzato in quasi tutti i campi di concentramento, come pure sui fronti di guerra, per combattere i pidocchi che diffondevano il tifo. Venne anche venduto all’estero. Nel 1943 ad esempio, dodici tonnellate di Zyklon B vennero vendute all’esercito finlandese, e nessuno nell’esercito finlandese afferma che venne usato per sterminare ebrei.[11]Di conseguenza, la mera presenza di recipienti di Zyklon B non è una prova che degli esseri umani venissero gassati, esattamente come la disponibilità di un’accetta in una famiglia non prova che un crimine vi sia stato commesso.



    A parte questo, le potenze vittoriose non si sono mai preoccupate di fornire una prova materiale dei pretesi stermini nelle camere a gas. Mai, né a Norimberga, né in nessuno dei numerosi processi ai nazisti nella repubblica federale di Germania, è stata mai fornita una perizia che riguardasse la presunta arma del delitto.

    I revisionisti hanno fatto quello che gli accusatori dei tedeschi hanno sempre trascurato di fare. Prima di tutto hanno studiato i progetti delle presunte camere a gas di Auschwitz e Majdanek, scoprendo che i locali dove gli esseri umani sarebbero stati presuntamente gassati erano in realtà camere mortuarie o seminterrati dove deporre cadaveri, mentre le camere a gas di Majdanek furono costruite come tali, ma non per uccidere esseri umani, bensì per la disinfestazione dei vestiti. Successivamente, i revisionisti hanno cercato di accertare se fosse tecnicamente possibile modificare questi locali in modo tale da utilizzarli per gli stermini con lo Zyklon B. Essi sono giunti alla conclusione che questo non era possibile, in parte a causa di ragioni chimiche o tecniche.[12] Se tali conclusioni sono erronee, i nostri avversari avevano molte opportunità per correggerle e discuterle nelle proprie analisi. Nulla di tutto ciò è accaduto fino ad oggi. Come mai?



    Ricapitoliamo: l’esame dei progetti tedeschi dimostra che le attrezzature identificate dai testimoni oculari come camere a gas omicide, non erano state pianificate o costruite per quello scopo, e ulteriori analisi tecniche e chimiche confermano che gli stermini con lo Zyklon B sarebbero stati impossibili in quelle attrezzature.

    Le prove documentarie e materiali contraddicono le testimonianze oculari.



    Permettetemi di citare due esempi ulteriori dalla tematica dell’”Olocausto”. Nel primo, la testimonianza oculare è confutata utilizzando la prova materiale; nel secondo, per mezzo della prova documentaria.



    Secondo la storiografia ufficiale, tra la metà di Maggio e l’inizio di Luglio del 1944, furono uccisi da 180.000 fino a 400.000 ebrei ungheresi - il numero delle vittime è variabile, dipendendo dalle fonti - nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau.[13] Tutti concordano sul fatto che i crematori non avrebbero mai potuto trattare un tal numero di cadaveri, perciò secondo i testimoni oculari, un gran numero di cadaveri venne bruciato in fosse all’aperto. Durante questo periodo, Auschwitz-Birkenau venne ripetutamente fotografata dagli aerei di ricognizione alleati. La fotografia più importante è quella del 31 Maggio 1944: si presume che quel giorno arrivarono a Birkenau 15.000 ebrei ungheresi, e 180.000 erano arrivati nelle due settimane precedenti, per una media giornaliera di 13.000 unità. Ora, non c’è traccia dei pretesi stermini e delle cremazioni di massa nella fotografia del 31 Maggio:[14] nessun segno di fosse o di mucchi di terra; nessun segno di file di fronte al crematorio e alle presunte camere a gas; nessun cielo oscurato dal fumo come descritto dai testimoni. Stessa cosa esaminando le restanti fotografie. Così, le testimonianze oculari sono smascherate come false; lo sterminio degli ebrei ungheresi ad Auschwitz-Birkenau non ha mai avuto luogo. (Secondo i revisionisti, Auschwitz fu un campo di transito per la maggior parte degli ebrei ungheresi e questa tesi può essere parzialmente comprovata con documenti).



    Nel secondo esempio che sto per fornire, le testimonianze oculari sono demolite dai documenti. Secondo i testimoni, i bambini piccoli venivano uccisi ad Auschwitz, perché non erano in grado di lavorare. Tuttavia, all’inizio di Aprile del 2000, Carlo Mattogno ed io abbiamo trovato un elenco in un archivio di Mosca che era stato compilato da quattro medici ebrei detenuti poco dopo la liberazione di Auschwitz, per ottemperare ad una richiesta dei sovietici. Si tratta di un elenco di nomi di oltre 1000 prigionieri ebrei che i tedeschi avevano considerato fisicamente non idonei ad essere rimossi dal ricovero in ospedale. Vi erano inclusi i nomi di 97 bambini ebrei e di 83 bambine di età compresa tra i pochi mesi e i 15 anni.[15] Ora, se bisogna credere ai testimoni oculari, quei bambini avrebbero dovuto essere uccisi come inutili consumatori di cibo, e non avrebbero dovuto essere ricoverati in ospedale.



    6. Ci sono davvero “migliaia di testimoni”?



    Una persona di media intelligenza, messa di fronte agli argomenti dei revisionisti, non discuterà la superiorità delle prove materiali e documentarie nei confronti dei testimoni oculari, ma insisterà che è impossibile che “migliaia di testimoni” abbiano mentito. Perciò le storie delle camere a gas devono essere essenzialmente vere anche se il numero delle vittime è stato gonfiato. Questo argomento ha un difetto fondamentale. Non ci sono “migliaia di testimoni”. In un processo tenutosi nell’Aprile di quest’anno contro il revisionista svizzero Gaston-Armand Amaudruz, a Losanna, si presentarono due ex detenuti ebrei di un campo di concentramento, Toman e Klein; il primo come querelante, e il secondo come testimone per l’accusa. La stampa riportò che erano testimoni delle camere a gas. Ma in realtà nessuno dei due per loro propria ammissione aveva mai assistito ad una gassazione. Essi osservarono molte persone entrare nelle camere a gas e non uscirne (Toman e Klein affermarono inoltre di aver visto in continuazione eruttare fiamme dai camini del crematorio, cosa impossibile, come ogni esperto potrà attestare). I due ebrei del processo Amaudruz sono un tipico esempio di molti dei cosiddetti testimoni delle cosiddette camere a gas. Essi hanno riferito soltanto quello che hanno sentito da altri o che hanno letto. Il numero dei testimoni che realmente hanno descritto delle gassazioni, si contano in poche dozzine al massimo. Da decenni, leggendo la letteratura dell’”Olocausto”, spuntano gli stessi nomi: Hoess, Broad, Vrba, Muller, Tauber, Dragon, Nyiszli, Bendel, Gerstein, Wiernic, e pochi altri. Se uno vuole esaminare la credibilità di questi testimoni, come ho fatto nel mio libro Auschwitz: confessioni dei perpetratori e testimoni dell’Olocausto,[16] ha davanti a sé un compito risolvibile, poiché ha soltanto bisogno di concentrarsi su pochi resoconti. L’intero “Olocausto” dipende dalla loro credibilità.



    7. Davvero i resoconti dei testimoni oculari concordano tra loro?



    Gli avversari del revisionismo affermano che i revisionisti utilizzano piccole discrepanze nelle testimonianze oculari, enfatizzate oltre misura, per negare il crimine più orrendo della storia umana. Essi sostengono che le testimonianze oculari concordano nei punti decisivi, e perciò, le piccole discrepanze sono secondarie. Riguardo a questa questione, permettetemi di citare l’antirevisionista italiana Valentina Pisanty:

    “Non credere al genocidio equivale dunque a negare che si sia consumato un omicidio anche qualora il colpevole sia stato udito chiaramente gridare <<sto andando ad ammazzare Rossi>> (dopo aver pubblicato un libro su come intendeva far fuori Rossi), Rossi sia scomparso, e decine di testimoni abbiano assistito alla sua uccisione. Se, durante il processo, due testimonianze si dimostrano discordanti circa il colore della cravatta dell’assassino, o se un testimone dice che l’uccisione è avvenuta alle 17:35 mentre l’altro giura che il suo orologio segnava le 17:40, se ne conclude forse che l’omicidio non ha avuto luogo e che Rossi se la sta spassando su qualche spiaggia delle Maldive (…)?”[17]



    Bene, in realtà le testimonianze oculari sono molto più contraddittorie di quanto la signora Pisanty presuma. Ad esempio, a Belzec, dove furono presuntamente uccisi 600.000 ebrei, i testimoni hanno descritto non meno di otto differenti metodi di uccisione, metodi che vanno da una piastra metallica in una cisterna sotterranea, nella quale gli ebrei sarebbero stati uccisi mediante elettricità; ai treni nei quali gli ebrei erano rinchiusi per poi venire immersi nella calce viva, che maciullava lentamente la carne dalle loro ossa, fino alle uccisioni con motore diesel in una baracca.[18] Il revisionista italiano Carlo Mattogno chiosa sarcasticamente l’argomentazione della Pisanty nel modo seguente:



    “Al processo di appello si è scoperto che il giudice di primo grado aveva commesso gravissime violazioni delle norme procedurali: le testimonianze dell’accusa presentavano ben altre anomalie. Un testimone aveva dichiarato che il signor Rossi era stato ucciso in una “camera a vapore”, un altro aveva giurato che era stato asfissiato con il cloro, un altro ancora aveva menzionato come arma del delitto una “sostanza nera” non meglio definita, un altro giurava che il signor Rossi era stato folgorato su una piastra metallica, suscitando le ire di un testimone che lo aveva visto con i propri occhi scendere in una cisterna riempita a metà d’acqua ed essere folgorato lì, un altro ancora aveva osservato che l’omicidio era stato consumato asfissiando il signor Rossi con l’ossido di carbonio, ma un altro testimone, più attento, aveva notato che la vittima era morta perché dalla sua stanza era stata pompata via l’aria. Il giudice si è giustificato affermando che le testimonianze oculari si dimostravano concordi su un “nucleo essenziale”: tutte dicevano che il signor Rossi era stato ucciso.”[19]



    In mezzo a tutto questo va anche ricordato che il corpo del signor Rossi non venne mai trovato, proprio come i corpi dei milioni di vittime presuntamente uccise nei campi non furono mai ritrovati; non una traccia, non cenere, non frammenti di ossa, non denti…



    Nei primi anni di guerra, vennero anche diffuse storie contraddittorie riguardanti i metodi di sterminio ad Auschwitz. In quei racconti, preparati dalla resistenza polacca come propaganda di guerra, lo Zyklon B non venne mai menzionato; i testimoni parlavano piuttosto di gas velenoso, bagni elettrici, o di un martello pneumatico, quando descrivevano l’arma del delitto.[20] Sei giorni dopo la liberazione del campo, il 2 Febbraio del 1945, il reporter ebreo Boris Polevoi, scrisse sulla Pravda che ad Auschwitz centinaia di prigionieri erano stati simultaneamente fulminati su un trasportatore a nastro. La Pravda trovò anche delle camere a gas ad Auschwitz, sebbene nel posto sbagliato; non nella parte occidentale del campo di Birkenau, ma nella parte orientale. Molto presto il trasportatore a nastro fulminante e le camere a gas nella parte orientale scomparvero per sempre nel bidone della spazzatura della storia e nei rapporti successivi emerse una variante radicalmente nuova:



    Si ritiene che a Birkenau, lo sterminio venne commesso con l’insetticida Zyklon B nei crematori, come pure in due fabbricati agricoli.



    8. Come vennero coordinati i testimoni oculari



    Sin dal Febbraio del 1945, i testimoni concordano sul fatto che ad Auschwitz, lo Zyklon B venne usato come arma del delitto, anche se essi si contraddicono reciprocamente su molte altre questioni. Quando si guarda più da vicino a questi resoconti, ci si accorge presto che essi contengono molte assurdità tecniche e scientifiche che finiscono per privarli di ogni credibilità. Fatemi citare appena un esempio: il tempo stabilito per la cremazione dei cadaveri è irrealisticamente breve. Oggi, in un moderno crematorio, il tempo necessario per cremare un cadavere in un forno con una muffola, è di circa un’ora; si ritiene che lo stesso tempo valga per i crematori di Auschwitz-Birkenau.[21] I testimoni di Auschwitz menzionano tempi molto più brevi; Dov Paisikovic, ad esempio, afferma che la cremazione di un cadavere richiedeva circa quattro minuti![22] Rudolf Hoss, il primo comandante di Auschwitz scrisse nelle sue annotazioni compilate durante la propria prigionia in Polonia, che tre cadaveri venivano cremati simultaneamente in una muffola in venti minuti.[23] Poiché ci vuole un tempo tre volte superiore per cremare un singolo cadavere, il tempo menzionato da Hoss è nove volte più basso di quello necessario, ma questo non ha impedito a nessuno dei testimoni di ripetere questa favola nel corso degli anni, come ad esempio nel libro di Philip Muller, pubblicato nel 1979, in cui si afferma che tre cadaveri venivano cremati in venti minuti![24] I sostenitori della versione ortodossa dell’”Olocausto” sono nel giusto quando affermano che è impossibile che così tanti testimoni, indipendenti l’uno dall’altro, siano arrivati a dare la stessa versione dei fatti, ma i testimoni non vi sono arrivati indipendentemente.



    Poco dopo la liberazione del campo, la testimonianza degli ex detenuti venne coordinata dai sovietici, cosa che può facilmente essere verificata. Dal 14 di Febbraio all’8 Marzo del 1945, una commissione sovietica prese nota di tutte le atrocità commesse ad Auschwitz. In questo rapporto la commissione asserisce che non meno di 4 milioni di persone furono uccise ad Auschwitz.[25] La direzione del Museo di Auschwitz ha concordato con questa cifra assurda fino all’inizio del 1990. Oggi essi parlano di 1.5 milioni di vittime, una cifra che è ancora dieci volte troppo alta. Leggendo le testimonianze oculari fornite dal 1945, ci si trova sempre di fronte la cifra dei 4 milioni, da cui siamo forzati a concludere che la commissione istruì i primi testimoni sulla cifra da citare, dopodichè i testimoni successivi copiarono semplicemente tale cifra.



    Questo spiega molte delle assurdità che appaiono nei resoconti dei testimoni—ad esempio l’assurdità dei tempi di cremazione e gassazione. Se 4 milioni di persone furono uccise ad Auschwitz e i loro cadaveri cremati senza lasciare neppure una traccia, allora le camere a gas e i crematori devono essere rimasti in funzione senza interruzione e con una velocità da record!



    9. I testimoni ebrei crollano all’istante quando vengono contro interrogati



    Il ricercatore francese, professor Robert Faurisson, è stato il primo ad evidenziare questo importante aspetto riguardante i resoconti dei testimoni: nei processi ordinari quotidiani, gli avvocati difensori contro-interrogano il testimone. Se il testimone mente, le magagne vengono scoperte. Ma durante tutti questi anni, questa procedura non è mai stata usata quando i “Testimoni delle Camere a Gas” ebrei venivano intervistati. Questi mentitori potevano andare da un processo all’altro e viaggiare da una conferenza all’altra per raccontare le loro favole graziose perché nessuno osava avanzare delle osservazioni critiche.[26] Sin dal 1945, mettere in discussione la credibilità di un testimone ebreo è stato proibito, perché far questo significherebbe perseguitare di nuovo i pochi che sono riusciti nel miracolo, sfuggire alle camere a gas!



    Nel 1946, il difensore dr. Otto Zippel, in un processo tenutosi in Gran Bretagna contro il dr. Bruno Tesch e contro Karl Weinbacher, fu forse il primo avvocato che osò porre qualche osservazione critica ad un testimone ebreo. Tesch e Weinbacher erano dei rappresentanti dell’Associazione Tedesca per l’Eliminazione degli Insetti Nocivi, che produceva lo Zyklon B, lo stesso insetticida che salvò le vite di decine di migliaia di detenuti ad Auschwitz, uccidendo i pidocchi che diffondevano il tifo. Durante il processo, l’ebreo rumeno Charles Sigismund Bendel, testimone dell’accusa, testimoniò che 4 milioni di persone erano state uccise ad Auschwitz con lo Zyklon B. Nel Crematorio IV, 1000 persone sarebbero state presuntamente assembrate in una stanza misurante 10 metri in lunghezza, 4 metri in larghezza e 1.6 metri in altezza, e quindi sarebbero state sterminate con il gas. Quando il dr. Zippel chiese come fosse possibile collocare 1000 persone in una stanza di 64 metri cubi, Bendel rispose: “Ci si poteva riuscire soltanto con metodi tedeschi”. Zippel proseguì: “Lei crede sul serio che 10 persone possano essere collocate in ½ metro cubo?”. Risposta di Bendel: “I 4 milioni di gassati ad Auschwitz sono testimoni di tutto ciò.”[27] Così, il contro-interrogatorio ebbe termine. Il dr. Tesch e Weinbacher, accusati di aver collaborato all’uccisione di 4 milioni di persone, furono condannati e impiccati sulla base della testimonianza di Bendel.



    Nel 1985, quasi quattro decenni più tardi a Toronto, Canada, in un processo contro il revisionista Ernst Zundel, i testimoni ebrei della “camera a gas” dovettero affrontare un legale che li contro-interrogò impietosamente. Testimone per la difesa era il famoso dr. Rudolf Vrba, un ebreo slovacco che fuggì da Auschwitz nel 1944 e insieme al suo compagno ebreo Alfred Wetzler, scrisse un resoconto riguardante tale campo che fu pubblicato a New York nel Novembre del 1944, come parte di un rapporto del War Refugee Board. Nel suo libro I cannot Forgive, pubblicato nel 1964, egli descrive come nel Gennaio del 1943, per celebrare la visita del Reichsfuhrer delle SS Heinrich Himmler, il primo crematorio di Auschwitz-Birkenau venne inaugurato con la gassazione di 3000 ebrei[28]. (Vrba ovviamente non è preoccupato dal fatto che il primo crematorio di Birkenau entrò in funzione nel Marzo e non nel Gennaio del 1943, e che l’ultima visita di Himmler fu nel Luglio del 1942). Nel corso del processo Zundel, tra l’avvocato di Zundel, Douglas Christie e Vrba ebbe luogo il dialogo seguente:



    Christie: Mi piacerebbe di chiederle, se lei lo vide davvero arrivare nel Gennaio del 1943, oppure questo è solo…



    Vrba: Nel Settembre del 1943 o in Gennaio?



    Christie: Nel suo libro viene detto Gennaio del 1943.



    Vrba: No, io lo vidi nel Luglio del 1943 e poi nel 1943…



    Christie: Ma qui viene detto Gennaio del 1943.



    Vrba: Questo deve essere un errore.



    Christie: Un errore?



    Vrba: Sì.



    Christie: Bene, bene. Ma in tale occasione lei lo ha visto arrivare?



    Vrba: La prima volta, lo vidi arrivare perché egli era vicino a me come lei lo è ora. (…) Senza cortesia, egli fece un passo per venire più vicino.



    Christie: Bene, bene.



    Vrba: La seconda volta lo vidi in un’automobile, la stessa della prima volta. (…) Forse era lui, forse era solo il suo sostituto, non penso che importi.



    (…)



    Christie: Lei sta dicendo a questa corte che lei vide davvero Heinrich Himmler guardare attraverso uno spioncino in una camera a gas?



    Vrba: No, non ho mai detto di essere stato presente quando egli guardò nella camera a gas, solo che ho messo insieme una storia che ho ascoltato molte volte da numerose persone che erano state presenti e che mi dissero tutto. (…)



    Christie: Ma nel suo libro lei scrive che LEI ha visto tutto e lei non dice che sta scrivendo una diceria.



    Vrba: In questo caso, ho scritto una diceria.[29]



    Vrba infine ammise di aver usato una “licenza poetica” quando scrisse il libro.



    10. Le “confessioni dei perpetratori”



    E’ un fatto risaputo che si possa costringere un prigioniero indifeso ad ammettere qualsiasi cosa. Nella caccia alle streghe europea del medioevo, numerose donne ammisero di cavalcare scope per aria e di avere rapporti con il Diavolo. Era un fatto ordinario, dopo la guerra, estorcere confessioni ai tedeschi mediante tortura. Un esempio è la confessione del primo comandante di Auschwitz, Rudolf Hoess, il quale ammise in una prigione inglese, che fino al Novembre del 1943, mentre era responsabile di Auschwitz, 2.5 milioni di persone erano state uccise, e ulteriori 500.000 sarebbero morte di denutrizione e malattie.[30] Questo rappresenta il doppio delle persone portate ad Auschwitz tra il 1940 e il 1945! Hoess affermò inoltre di aver visitato il campo di Treblinka nel Giugno del 1941, ma in realtà il campo di Treblinka venne insediato solo 13 mesi più tardi, nel Luglio del 1942! Lo scrittore Rupert Butler, nel suo libro Legions of Death pubblicato nel 1983,[31] disse come gli inglesi ottennero le confessioni di Hoess: torturandolo per 3 giorni! In altri casi è stata usata una tattica più astuta: in cambio della libertà o di un giudizio più mite, l’accusato ammetteva i presunti crimini. Un esempio classico è l’uomo delle SS Pery Broad, che espletò i suoi obblighi ad Auschwitz e venne catturato dagli inglesi. Poi, poiché parlava inglese, lavorò come interprete e più tardi scrisse un rapporto in cui afferma che ad Auschwitz, venne commesso lo sterminio di più vasta scala registrato dalla storia.[32] Di conseguenza, gli inglesi avrebbero potuto fucilarlo o impiccarlo, o imprigionarlo a vita, poiché ogni tedesco e specialmente il personale delle SS era considerato fuorilegge—ma niente di tutto questo accadde—egli fu liberato!



    Quasi lo stesso accadde nei processi ai nazisti in Germania. Nessuno si preoccupò di verificare se il preteso sterminio fosse stato effettivamente commesso— venne invece determinata soltanto la colpevolezza degli individui. La negazione dello sterminio avrebbe messo l’accusato in una situazione senza speranza, poiché egli sarebbe stato classificato come un “mentitore non pentito”. Questo è il motivo per cui la maggior parte degli accusati non ha mai negato le sterminio degli ebrei nelle camere a gas, ma al massimo la propria personale colpevolezza, e se essi venivano contraddetti dai testimoni, allora affermavano di aver obbedito agli ordini.[33]



    Ecco come si sono prodotte le “testimonianze oculari” e le “confessioni dei perpetratori” e come sono state utilizzate come prova dei milioni di sterminati nelle camere a gas. Se questi stermini fossero realmente avvenuti, non avremmo bisogno di basarci su quelle confessioni e su quelle testimonianze—dopo tutto, non abbiamo bisogno di confessioni o di resoconti di testimoni per provare che gli americani gettarono bombe atomiche sul Giappone nel 1945.





    Permettetemi di evidenziare un’ulteriore controversia, tra le più grottesche, nell’immagine ufficiale dell’”Olocausto”. Gli storici ortodossi, quando viene loro chiesto come mai non esistono documenti riguardanti lo sterminio degli ebrei, e come mai non vi sono sepolture di massa nei “campi di sterminio”, rispondono che i tedeschi cercarono di cancellare le prove; questo è il motivo per cui non scrissero nulla al riguardo e distrussero ogni documentazione esistente. Essi avrebbero incenerito i cadaveri dei gassati e disperse le ceneri e i frammenti di ossa. Questo è il motivo per il quale abbiamo sentito i racconti degli stermini da “innumerevoli testimoni oculari”. Questi eminenti “storici” sono incapaci di spiegare perché i tedeschi non si sbarazzarono di questi “innumerevoli testimoni oculari”. Ogni ebreo che lasciò vivo un campo di concentramento porta testimonianza al fatto che i tedeschi non ebbero mai l’intenzione di sterminare tutti gli ebrei. Nel Febbraio di quest’anno ho scoperto un rapporto di un ebreo polacco, Samuel Zylbersztain, sopravvissuto a non meno di dieci campi di concentramento: il campo di “sterminio” di Treblinka, il campo di “sterminio” di Majdanek, e otto campi più “comuni”.[34] Gli ebrei vogliono che noi crediamo che questi rapporti di testimoni oculari sono la prova che l’”Olocausto” è avvenuto, quando invece essi sono la prova dell’esatto contrario!



    11. Un professore universitario ebreo commenta il valore delle testimonianze oculari



    Ultimamente, la propaganda dell’”Olocausto” ha preso enormi proporzioni nel mondo occidentale. La stragrande maggioranza delle persone crede basilarmente nella versione ufficiale dell’”Olocausto”, perché è quello che si legge sui giornali, che si ascolta alla radio, e si vede in televisione. Ma la gente è stufa di quest’argomento. Ultimamente , i sionisti stanno usando le sofferenze, reali o immaginarie, del proprio popolo non solo come una scusante per opprimere i palestinesi, e occupare illegalmente il territorio arabo, ma anche per estorcere denaro a un certo numero di paesi, cosa che infastidisce molte persone. David Irving, lo storico inglese, afferma chiaramente per quale motivo l’antisemitismo è in ascesa nel mondo occidentale:



    “Cosa c’è in loro che genera così tanto odio? Essi farebbero bene a pensarci. Non c’è dubbio che essi sono odiati al giorno d’oggi, in parte, a causa di tutta la “propaganda dell’Olocausto” che essi diffondono costantemente. E’ diventato impossibile questi giorni aprire un giornale o guardare un programma televisivo senza imbattersi nell’Olocausto. Olocausto, Olocausto, Olocausto, dovunque Olocausto. L’Olocausto ha “dirottato” tutti i media in tutta la cultura occidentale. Il mondo è stufo. La gente sta perdendo la pazienza ed è soggetta a ricorrere ad atti di violenza contro gli ebrei. Se gli ebrei non si fermano, essi possono aspettarsi un Olocausto reale.”[35]



    Gli ebrei intelligenti si accorgono che le deprecabili politiche dei leader ebrei, giustificate con le “camere a gas” e i “sei milioni”, sono responsabili dell’ascesa dell’antisemitismo e potrebbero condurre a dei pogrom di un livello che il mondo non ha mai conosciuto. Il professore universitario ebreo Norman Finkelstein, i cui genitori furono internati nei campi di concentramento durante la guerra, ha portato, a causa di ciò, un feroce attacco contro l’industria dell’Olocausto. Egli ha scritto:



    “Io non ricordo un solo amico (o genitore di un amico) fare una sola domanda su quello che mia madre e mio padre hanno sofferto. Questo non era silenzio rispettoso. Era indifferenza. In questa luce, non si può essere che scettici riguardo alle manifestazioni di sofferenza degli ultimi anni, dopo che l’industria dell’Olocausto è stata solidamente impiantata. (…) Uno degli amici di tutta una vita di mio padre era stato detenuto insieme a lui ad Auschwitz, un idealista di sinistra apparentemente incorruttibile che dapprincipio rifiutò i risarcimenti tedeschi dopo la guerra. Alla fine diventò uno dei direttori del museo israeliano dell’Olocausto, lo Yad Vashem. In modo riluttante e con genuina delusione, mio padre ammise infine che anche quest’uomo era stato corrotto dall’industria dell’Olocausto, adattando le sue convinzioni per il potere e il profitto. Man mano che la rappresentazione dell’Olocausto prendeva forme sempre più assurde, mia madre si compiaceva di citare (con ironia intenzionale) Henry Ford: “La storia è fandonia”. I racconti dei “sopravvissuti dell’Olocausto”, tutti detenuti nei campi di concentramento, tutti eroi della resistenza—erano una fonte speciale di amaro divertimento a casa mia. I miei genitori si sono spesso domandati perché crescessi così indignato nei confronti della falsificazione e dello sfruttamento del genocidio nazista. La risposta più ovvia è che esso è stato usato per giustificare le politiche criminali dello stato di Israele e del sostegno americano a queste politiche. Esiste anche un motivo personale. Io tengo molto alla memoria della persecuzione della mia famiglia. L’azione corrente dell’industria dell’Olocausto per estorcere denaro all’Europa nel nome delle “vittime bisognose dell’Olocausto” ha rimpicciolito la statura morale del loro martirio in quella di un casino di Montecarlo.”[36]



    Forse il professor Finkelstein non si rende conto che scrivendo queste parole di condanna mette a repentaglio le fondamenta del racconto ufficiale dell’Olocausto. Le storie dei cosiddetti sopravvissuti, per usare le parole di Finkelstein, erano per i suoi genitori, che avevano una conoscenza di prima mano delle condizioni dei campi di concentramento, “una fonte speciale di amaro divertimento”, e la ripetizione dell’Olocausto “prendeva forme sempre più assurde.”



    Poiché non esistono prove materiali o documentarie su qualsiasi sterminio degli ebrei nelle camere a gas, ma solo testimoni oculari, Finkelstein, prendendosi gioco delle testimonianze, demolisce, per metterla in immagini, i pilastri sui quali poggia il tetto dell’Olocausto.



    Misteriosamente, senza alcun pilastro di supporto, il tetto rimane in aria. Un miracolo! Ma bisogna credere nei miracoli se si vuole accettare la versione ufficiale di tutti gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, poiché, se la storia è vera, le norme chimiche e fisiche in quel periodo erano state disattivate.



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    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato in rete

    All’indirizzo: http://web.archive.org/web/20020819001644/...timony-eng.html .

    [2] Jean-Marie Boisdefeu, La controverse sur l’extermination des Juifs par les Allemands. Volume II: Réalités de la “Solution Finale”, Vrij Historisch Onderzoek, Berchem, 1996, p.107.

    [3] Johann Neuhausler, Wie war das im KZ Dachau?, Munich, 1981, p.27.

    [4] Raul Hilberg, Die Vernichtung der europaischen Juden, Frankfurt, 1997.

    [5] Jean-Claude Pressac, Les crématoires d’Auschwitz, Paris, 1994.

    [6] Ibid, p.2.

    [7] Le Nouveau Quotidien, Lausanne, 3 Settembre 1996.

    [8] Riguardo alla gerarchia delle prove vedi Manfred Kohler,Professor Dr. Ernst Nolte: Auch Holocaust-Lugen haben kurze Beine!, London, 1994, disponibile in rete all’indirizzo: www.vho.org/D/Nolte/ ; vedi anche Manfred Kohler, The Value of Testimony and Confessions Concerning the Holocaust, in Dissecting the Holocaust, Capshaw, 2000, disponibile in rete all’indirizzo: http://www.codoh.com/found/fndvalue.html .

    [9] L’expertise sovietica riguardante Majdanek si trova in un archivio di Mosca (Gossudarstvenni Archiv Rossiskoj Federatsii, 7021-107-9).

    [10] Vedi Jurgen Graf e Carlo Mattogno, KL Majdanek. Eine historische und technische Studie, Hastings, 1998. [Disponibile in rete in versione inglese all’indirizzo: http://vho.org/dl/ENG/ccm.pdf ].

    [11] William B. Lindsay, Ziklon B, Auschwitz and the Trial of dr. Bruno Tesch, in Journal of Historical Review, Vol. 4, N°3, autunno 1983, p.261. Disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v04/v04p261_Lindsey.html .

    [12] L’indagine più esatta riguardante le “camere a gas” di Auschwitz è il Rapporto Rudolf (London, 1993; un’edizione ampliata e aggiornata: Hastings, 2000). [Disponibile in rete in versione inglese all’indirizzo: http://www.vho.org/GB/Books/trr/ ]. Per la camera a gas di Majdanek vedi il capitolo 6 del libro di Graf/Mattogno su Majdanek, op. cit.

    [13] Vedi Jurgen Graf, What Happened to the Jews who were Deported to Auschwitz but were not Registered There?, disponibile in rete all’indirizzo: http://web.archive.org/web/20020210054037/...Orange-eng.html .

    [14] John Ball, Air Photo Evidence, Delta/B.C. (Canada), 1992.

    [15] Gossudarstvenni Archiv Rossiskoj Federatsii, 7021-108-23.

    [16] Pubblicato nel 1994 da Neue Visionen, Wurenlos, Svizzera.

    [17] Valentina Pisanty, L’irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo, Milano, 1998, p.191.

    [18] Riguardo a questo vedi ad esempio Carlo Mattogno, Il mito dello sterminio ebraico, Monfalcone, 1985 [disponibile in rete all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres4/ilmito.pdf ],

    oppure Jurgen Graf, Der Holocaust auf dem Prufstand, Basel, 1993 [disponibile in rete in versione francese all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres/JGscan.pdf ].

    [19] Carlo Mattogno, L’irritante problema delle camere a gas, ovvero: da Cappuccetto Rosso ad…Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, Genova, 1998, p.164.

    [20] Enrique Aynat, Estudios sobre el “Holocausto”, Valencia, 1994. [Disponibile in rete all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres6/EAestu.pdf ]

    [21] Per dettagli vedi Carlo Mattogno e Franco Deana, Die Krematoriumsofen von Auschwitz-Birkenau, in Ernst Gauss (editore), Grundlagen zur Zeitgeschichte, Tubingen, 1994. [Disponibile in versione inglese all’indirizzo: http://www.codoh.com/found/fndcrema.html ].

    [22] Léon Poliakov, Auschwitz, Paris, 1964, p.159.

    [23] Martin Broszat (editore), Kommandant in Auschwitz. Autobiographische Aufzeichnungen des Rudolf Hoss, Frankfurt, 1981, p.171.

    [24] Pubblicato da Verlag Steinhausen, Frankfurt.

    [25] Gosudarstvenni Archiv Rossiskoj Federatsii, 7021-108-15, p.16.

    [26] Robert Faurisson, Die Zeugen der Gaskammern von Auschwitz, in: Ernst Gauss (editore), op. cit., [disponibile in versione inglese all’indirizzo: http://www.codoh.com/found/fndwitness.html ].

    [27] Documento di Norimberga NI-11953.

    [28] Rudolf Vrba, I cannot forgive, Toronto, 1964, p.10.

    [29] Trascrizione del primo processo Zundel, Toronto, 1985, p.1244. Ringrazio il prof. Faurisson per avermi amichevolmente trasmesso questa trascrizione.

    [30] Documento di Norimberga NO 3868-PS.

    [31] Rupert Butler, Legions of Death, 1983, p.235.

    [32] Le Erinnerungen [memorie] di Pery Broad sono riprodotte nel libro Auschwitz in den Augen der SS, Kattowitz, 1981.

    [33] Riguardo ai processi contro i nazisti vedi specialmente Wilhelm Staglich, Der Auschwitz Mythos, Tubingen, 1979, [disponibile in rete all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres2/Stagdeut.pdf ], come pure Manfred Kohler, in E.Gauss (editore), op. cit. (vedi la nota 8).

    [34] Samuel Zylbersztain, Pamietnik Wiezna dziesieciu obozow, in: Biuletyn Zydowskiego Instytutu Historycznego, N°68, Warsaw, 1968.

    [35] Journal of Historical Review, Vol.19, N°1, Gennaio/Febbraio 2000, p.51.

    [36] The Guardian, 12 Giugno 2000.







     
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  5. GAN8
     
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    ma come non sapevate che la storia la scrivono i vincitori?
    cioè chi sta al potere....parlate di ordine mondiale che parte da babilonia e mi cadete su queste ridicolaggini......l'olocausto è stato il pretesto per velocizzare la storia pro nwo degli ultimi 60 anni....
    :PIRAMIDE:

    una premonizione a dir poco sconcertante....in un articolo di un giornale stampato negli usa il the american hebrew,si parla di olocausto,di sei milioni di ebrei morti in un genocidio perpetrato contro di loro nei paesi dell'europa dell'est.....peccato che la data del suddetto giornale sia 31 OTTOBRE 1919 ....che naturalmente ora è introvabile su internet...
    ho visto la pagina non vi racconto balle.....
    dopo ad ognuno l'ardua sentenza.....
     
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  6. personcina82
     
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    Questo non significa che non sia successo.

    Ho detto che ci sono persone ancora vive, che ti possono raccontare dell'olocausto. Non ci guadagnano niente, hanno sofferto.. non è una ridicolaggine, è verità.

    Poi è ovvio che gli Americani ci hanno guadagnato tanto da quella guerra... sono diventati i salvatori.. gli eroi.. quelli che ancora oggi bisogna ringraziare..

    Certo poteva anche essere programmato.. ma non inventato.
     
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  7. GAN8
     
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    forse non hai letto bene...cmq non importa so di scontrarmi con un lavaggio del cervello che dura da anni....non ne avete colpa,qui si parla se siano esistite le camere a gas....risposta no
     
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  8. NAGUAL TOLTECO
     
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    CITAZIONE (GAN8 @ 16/8/2008, 18:20)
    forse non hai letto bene...cmq non importa so di scontrarmi con un lavaggio del cervello che dura da anni....non ne avete colpa,qui si parla se siano esistite le camere a gas....risposta no

    mi spiace ma nn la penso così...io credo che siano esistite eccome, e che ci siano morte un sacco di persone...

    su skype ogni giorno c'è un certo felniro e un certo velvet-blu che fanno delle cast per promuovere proprio questa opinione...volendo far passare con i loro titolo hitler come l'eroe che ci voleva liberare dalla mafia e dall'usura sionista e gli americani nonchè gli ebrei invece come i cattivi che hanno messo in scena il tutto come pretesto per stroncare hitler e il nazismo che in questo caso sarebbero i buoni...

    bè perdonatemi il termine...ma quanno ce vò, ce vò:
    STRONZATE!!

    se hitler è il buono allora io sono mickey mouse...

    è noto che l'america finanziò hitler, quelle stesse banche compresa quella sionista dei "rothschild"...

    quando pio XII° firmò il reich concordate nel 1933 all'atto della firma era presente guy de rothschild...e questa è storia!!

    quindi...come si spiega che un rappresentante sionista era al tavolo a presenziare alla firma dell'accordo tra nazismo e vaticano??

    perchè bisogna capire che non si deve confondere il vertice sionista con il popolo ebreo-palestinese...

    io odio bush e tutta la politica americana e degli illuminati...ma mica per questo ho il diritto di odiare tutto il popolo americano??
    allo stesso modo odio hitler e tutta la politica nazifascista ma mica per questo ho il diritto di odiare tutto il popolo tedesco!!

    CITAZIONE (GAN8 @ 16/8/2008, 17:29)
    ma come non sapevate che la storia la scrivono i vincitori?
    cioè chi sta al potere....parlate di ordine mondiale che parte da babilonia e mi cadete su queste ridicolaggini......l'olocausto è stato il pretesto per velocizzare la storia pro nwo degli ultimi 60 anni....
    :PIRAMIDE:

    una premonizione a dir poco sconcertante....in un articolo di un giornale stampato negli usa il the american hebrew,si parla di olocausto,di sei milioni di ebrei morti in un genocidio perpetrato contro di loro nei paesi dell'europa dell'est.....peccato che la data del suddetto giornale sia 31 OTTOBRE 1919 ....che naturalmente ora è introvabile su internet...
    ho visto la pagina non vi racconto balle.....
    dopo ad ognuno l'ardua sentenza.....


    che l'olocausto sia stato il pretesto per velocizzare il nwo lo posso anche accettare e lo credo anch'io, ma che non sia un fatto realmente accaduto no!! questa una cazzata colossale...inoltre è ovvio che se sono stati gli stessi vertici sionisti a sacrificare il loro stesso popolo per il loro fine, il nazismo che ne è stato il braccio armato non è il buono della situazione, ma altrettanto complice e colpevole!!

    Edited by NAGUAL TOLTECO - 16/8/2008, 20:49
     
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  9. NAGUAL TOLTECO
     
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    image

    e meno male che il nazismo dovrebbe essere finito con la morte di astolfo hitler nel 1945...

    fin quando ci saranno ancora teste di cazzo che hanno il coraggio di dire cose del genere..."solo la religione vuole gli sgorbi, perchè ci appesantiamo di questo fardello? sterminiamoli no? è + semplice, ed è la soluzione migliore"
    certo la soluzione finale!!

    allo sterminio ci dovrebbero andare queste teste di cazzo neo-nazifasciste!!
     
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  10. GAN8
     
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    nazismo e fascismo sono due cose completamente diverse....a meno che tu non arrivi solo al saluto romano.....comunque non ho voglia di parlare di storia....
    come ho gia scritto, ma forse siete troppo pigri per leggere è più facile guardare un video,nessuno nega il fatto che ci fossero campi di concentramento nel terzo reich.....nessuno vuole fare di hitler un santo e nessuno sta parlando contro il popolo ebreo,anche se ce ne sarebbe da dire,stranamente i revisionisti sono stati quasi tutti messi in carcere ma non siamo in democrazia?la libertà di parola supportata da prove e fatti da fastidio?a tal proposito l'ultimo lavoro di david Irving"Goebbles:mastermind of the third reich"negli usa ancora prima che potesse raggiungere le librerie a seguito di violente pressioni l'editore è stato costretto a ritirare tutte le copie del volume....questo è solo un piccolo esempio....un altro bel racconto di qualche sopravissuto all'"olocausto" termina con frasi del tipo"per ore i forni del crematorio bruciarono quella notte fiamme arancioni fluirono dai camini verso il cielo nero come la notte"belle frasi senz'altro d'effetto,ma bisognerebbe tuttavia far sapere ai sopravissuti che le fiamme NON POSSONO USCIRE dal camino di un crematorio...la verità fa male sopratutto ai condizionati .....
    Per le presunte gasazioni con cianuro avvenute ad Auschwitz ed eventualmente a Majdanek, ma in nessun altro posto secondo la storia dell’Olocausto, il cianuro si sprigionava presuntamente da granuli di Zyklon B gettati sia sopra la testa che in mezzo ai piedi delle vittime designate, o dentro colonne perforate. In ognuno di questi scenari, il cianuro si sarebbe sprigionato lentamente; questo è dopotutto il vero scopo dello Zyklon B: sprigionare una quantità limitata di cianuro lentamente. In condizioni normali uno strato di Zyklon spesso fino a un centimetro avrebbe richiesto mezz’ora per sprigionare metà del suo veleno. La presenza di una folla di vittime designate strettamente stipate e urlanti avrebbe ritardato il processo anche di più. Sebbene molti sarebbero potuti morire nei tempi descritti [dai testimoni] molti altri sarebbero sopravvissuti: e questo sarebbe stato un fiasco. Cosa avrebbero fatto gli esecutori con i sopravvissuti? Li avrebbero riportati alle baracche dove avrebbero potuto descrivere quello che era successo o li avrebbero sottoposti a un’altra gasazione? Dopo aver separato le vittime chiaramente sopravvissute dai morti, come avrebbero identificato ed eliminato quelli semplicemente storditi o svenuti o che fingevano di essere morti? La risposta è che ogni progetto di gasazione di massa davvero realistico avrebbe dovuto prevedere l’uccisione di tutte le vittime. Altrimenti, avrebbe avuto lo stesso fardello emotivo per gli esecutori che presuntamente erano stati incaricati delle gasazioni di massa come alternativa [meno traumatica] alle fucilazioni.....
    vi darei un compito per casa disegnate una camera a gas nazista per mezzo della quale degli ebrei sono stati assassinati per mezzo dello zyklon B e spiegatene il funzionamento :UAHUAH!: ....alla fine tutti i sopravissuti dicono di essere"scampati per miracolo"ma si deve razionalmente osservare che i miracoli a catena non sono più miracoli....







    cmq quello che dice il video è una cosa risaputa......
     
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  11. NAGUAL TOLTECO
     
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    CITAZIONE
    nazismo e fascismo sono due cose completamente diverse....a meno che tu non arrivi solo al saluto romano.....comunque non ho voglia di parlare di storia....

    secondo me invece(personalissima opinione) nazismo e fascismo sono la stessa merda!!
    CITAZIONE
    come ho gia scritto, ma forse siete troppo pigri per leggere è più facile guardare un video,

    non dico che me ne frego di questo argomento, dico soltanto che non ne vedo lo scopo...
    non capisco questo voler affermare che le camere gas siano "presunte" a quasi 60 anni da quel evento che senso abbia?
    cos'è si vuole riscattare la reputazione del nazifascismo agli occhi del mondo e dell'opinione pubblica?

    no mi spiace, non mi interessa leggere perchè il voler sottilizzare su questo punto che le camere siano presunte o meno non toglie NIENTE!! MA PROPRIO NIENTE!! a tutto lo schifo che il nazismo è stato ed è ancora per tutte quelle teste di cazzo che credono ancora in quella ideologia!
     
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  12. personcina82
     
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    Intanto.. ora cambio il titolo al topic, xchè è offensivo e inadeguato. Poi, visto che nei campi di concentramento, PERSONE sono morte, torturate, umiliate e peggio ancora, credo che la camera a gas fosse il minimo. Dicono che ci sono state.. poi se non c'erano non era importante... c'erano già abastanza mostruosità.

    (Topic prossimo alla sezione BOIATE)
     
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  13. GAN8
     
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    mettilo dove vuoi......avete imparato bene la repressione di idee diverse dalle vostre ecco cosa serviva publicizzare all'infinito questo olcausto.....,facevo solo un pò di storia senza offendere ,se aveste letto ,ma ripeto non importa non m'interessano gli spiriti che rimarranno fossilizzati in un odio che pensano di non avere.... agli inconsapevoli fa male spostare il punto d'unione....vi saluto!
    vi lascio con altra storia solo per par condicio.....
    LO SCONOSCIUTO OLOCAUSTO DELL’INDIA

    Sulle cause dello sterminio per fame nella colonia inglese dell’India, 1942-1945



    Di Wolfgang Pfitzner (1999)[1]



    Lo sterminio per fame – scatenato da Stalin - che ebbe luogo in Ucraina all’inizio degli anni ’30, nel quale caddero vittime circa 7 milioni di persone, è un fatto ormai risaputo. E’ molto meno risaputo che l’Inghilterra applicò una politica analoga in Irlanda, per spezzare la volontà di indipendenza degli irlandesi. Ancora meno conosciute sono le conseguenze che la politica inglese di occupazione ebbe sulla condizione alimentare in India. Sebbene il subcontinente indiano aveva sempre sofferto a causa di carestie relativamente gravi, tali carestie non furono mai così devastanti come sotto l’occupazione inglese.

    …………………………………………………………………………………………….

    Introduzione



    La fame è sempre stata un compagno costante nella storia dell’India. Già nel Medioevo, l’India aveva sofferto a causa di molte carestie, provocate per la maggior parte dalla siccità. Un peggioramento decisamente più drastico, tuttavia, ebbe luogo con l’inizio del dominio coloniale inglese. Lo studioso indiano Mohiuddin Alamgir ha scritto al riguardo le seguenti parole:

    “Durante il periodo coloniale l’India ha sofferto, a causa delle carestie, più frequentemente, più duramente, e su scala più vasta di quanto accadde nelle epoche precedenti. […] E’ importante notare che la fame e la mortalità ebbero luogo anche quando c’era una struttura amministrativa uniforme e un sistema di comunicazioni assai superiore a quello in vigore, prima degli inglesi, in India sotto i mogol. Oltre agli abituali fattori climatici, risulta che la situazione già cattiva divenne addirittura peggiore in seguito alle manipolazioni dei prezzi da parte dei commercianti, all’inerzia del governo, come pure all’esportazione di cibo persino in tempi di penuria, accompagnate da un peggioramento progressivo dei guadagni, così come dalla situazione occupazionale dei braccianti e dei piccoli agricoltori.”[2]

    Le carestie più spaventose ebbero luogo nel Bengala nel 1770, all’epoca il granaio dell’India, quando circa un terzo della popolazione morì a causa della siccità: 10 milioni di persone! La compagnia britannica East India Company, che aveva occupato il paese cinque anni prima, era totalmente impreparata ad affrontare una tale situazione. Ma non tentò neppure di fornire il minimo aiuto degno di questo nome. I colonialisti inglesi evidentemente erano interessati soltanto a massimizzare il loro profitto attraverso il commercio e l’esportazione di cibo, la qual cosa, anche se non aveva provocato la carestia, la rese certo decisamente peggiore.[3]

    Fino allo scioglimento della colonia inglese nel 1947, ebbero luogo qualcosa come trenta carestie[4]: alcune fonti ne menzionano addirittura circa 40, a seconda della definizione di carestia.[5] Di conseguenza il Bengala, che era stato il granaio dell’India, venne trasformato nell’ospizio per i poveri dell’Asia nel giro di soli due secoli.

    Vi sono molte ragioni per questa politica coloniale catastrofica durata 182 anni, a causa della quale caddero vittime - rispetto a coloro che sarebbero morti in circostanze normali - innumerevoli milioni di indiani. All’inizio si trattò dello smantellamento del sistema sociale indiano tradizionale, nel quale i governatori e i proprietari terrieri ( in Indi zamindari) si prendevano cura dei loro sudditi nei momenti di bisogno, fornendo loro le razioni di cibo necessarie alla sopravvivenza. Gli inglesi sostituirono questo sistema sociale paternalistico con qualcosa che venne in seguito denunciato come “capitalismo di Manchester”: i proprietari terrieri dovevano pagare una tassa fissa all’autorità coloniale. La questione dei guadagni dai canoni d’affitto venne lasciata al “libero mercato”. Gli evasori fiscali vennero semplicemente ignorati; gli affittuari che non erano riusciti a far fronte ai propri impegni vennero sfrattati. In molti casi, i vecchi proprietari terrieri vennero trasformati in capitalisti rampanti. La conseguenza fu la distruzione dei mezzi di sostentamento di molti agricoltori e braccianti. Il ricco divenne più ricco e più spietato, il povero più povero e più indifeso.[6] Secondo l’ideologia del capitalismo di Manchester, ogni intervento delle autorità nell’economia veniva generalmente evitato. A dispetto di frequenti carestie, non venne attuato alcun intervento efficace, come ad esempio controlli dei prezzi, sussidi, misure di assistenza sociale, o acquisti e trasporti di cibo finanziati o sostenuti dal governo.[7]

    La situazione si aggravò, specialmente con il volgere dal diciannovesimo al ventesimo secolo, a causa della crescita accelerata della popolazione, che portò ad un aumento degli agricoltori nullatenenti, come pure all’aumento dei canoni di affitto fino al 50% del valore del raccolto.[8]



    Le cause dell’ultima tragedia coloniale indiana



    L’ultima grande carestia nel Bengala sotto l’occupazione inglese ebbe luogo tra il 1942 e il 1945 (nella zona del Brahmaputra-Gange-Delta, oggi in parte appartenente all’India, in parte al Bangladesh). Oltre alle sfavorevoli condizioni sociali già descritte, si aggiunsero altri fattori, che alla fine provocarono la catastrofe. Il prof. Amartya Sen, che ha ricevuto il Premio Nobel per l’economia nel 1998, ha fatto propria la stravagante opinione che questa carestia fu fittizia perché fondamentalmente non vi sarebbe stata penuria di cibo,[9] una presa di posizione che gli ha procurato una forte opposizione, a dir poco.[10] La discussione derivata dalla contorta teoria di Sen ha rafforzato la teoria che la mancanza di cibo è la causa principale delle carestie.[11]

    La letteratura specializzata ha elencato le seguenti cause di questa catastrofe, durante la quale persero la vita dai quattro ai cinque milioni di persone:[12]

    Dal 1940, tutte le riforme costituzionali proposte vennero rinviate per mettere l’India totalmente al servizio degli sforzi di guerra contro la Germania. Di conseguenza, il Partito del Congresso, il più grande partito nazionale indiano (quello di Gandhi) revocò la propria collaborazione con il governo, cosa che portò a notevoli tensioni politiche interne. A causa della situazione socialmente tesa, sorsero ripetutamente violenti conflitti tra le autorità coloniali e combattenti indipendentisti. Poiché il Golfo del Bengala era visto come uno luoghi possibili per un’invasione giapponese, gli inglesi consideravano inaccettabile un forte movimento d’indipendenza, e perciò misero in atto un’azione di polizia militare nell’Ottobre del 1942, durante la quale vennero distrutti 193 sedi di partito ed edifici del Partito del Congresso e innumerevoli persone vennero arrestate. Tra l’Agosto del 1942 e il Febbraio del 1943, vennero fucilate dalla polizia inglese 43 persone. Inoltre, le truppe inglesi furono coinvolte, tra le altre cose, in un numero imprecisato di stupri e di furti di derrate alimentari.
    Nel Maggio del 1942, la colonia inglese di Burna, che fino ad allora aveva esportato cibo in India, cadde in mano giapponese.
    Nell’estate del 1941, la Gran Bretagna perse il controllo del Golfo del Bengala per circa un anno, cosa che portò al crollo di tutto il traffico marino civile. L’esportazione del principale prodotto del Bengala - la juta – per via di mare, divenne impossibile come l’importazione di cibo.
    Il Bengala subì il sovraffollamento sia di rifugiati che di soldati in ritirata da varie colonie inglesi che erano state occupate dai giapponesi. Soltanto nel Marzo del 1942, arrivarono ogni giorno a Calcutta e a Chittagong dalle 2.000 alle 3.000 persone, tra soldati e civili, e nel mese di Maggio ne venne contato un totale di 300.000. Poiché queste persone non potevano essere tutte alloggiate nelle città, vennero eretti dei campi di accoglienza provvisori nelle campagne, in attesa di trasportare i nuovi venuti verso l’interno. Nel frattempo, ne morirono migliaia a causa della malaria e del colera. In seguito poi ai massicci acquisti di cibo, effettuati dal governo, i prezzi nelle campagne salirono alle stelle.
    Aspettando lo sbarco giapponese nel Golfo del Bengala, le autorità inglesi di occupazione emanarono il cosiddetto “Boat-Denial Scheme” [Programma di rifiuto delle imbarcazioni], che portò alla confisca di tutte le barche e le navi che potevano ospitare più di 10 persone. Questo provvedimento portò alla confisca di non meno di 66.500 imbarcazioni. Di conseguenza, il sistema di navigazione interno crollò completamente. La pesca divenne praticamente impossibile, e molti coltivatori di riso e juta non poterono più spedire le loro merci. L’economia finì per crollare completamente, specialmente nel delta inferiore del Gange.
    La requisizione di terreni a causa delle fortificazioni e delle costruzioni militari (piste d’atterraggio per aerei, campi per militari e per rifugiati) portò all’espulsione dalla loro terra di un numero di persone compreso tra le 150.000 e le 180.000 unità, trasformandole in senzatetto.
    Le consegne di cibo da altre parti del paese verso il Bengala vennero respinte dal governo, da un lato per indebolire il movimento d’indipendenza, dall’altro per rendere il cibo studiatamente scarso. Questa fu una politica di particolare crudeltà introdotta nel 1942 sotto la denominazione di “Rice Denial Scheme” [Programma di rifiuto del riso]. Lo scopo di tutto ciò era di impedire un efficiente rifornimento di cibo ai giapponesi dopo un’eventuale invasione. Nel quadro di questa politica, il governo autorizzò i mercanti ad acquistare riso a qualunque prezzo e a venderlo al governo per essere immagazzinato nei depositi governativi.
    Questo assegno in bianco del governo scatenò l’inflazione dei prezzi. Il risultato fu che alcuni mercanti non consegnarono il cibo al governo ma lo accumularono [in proprio], sperando in margini di profitto più alti quando lo avrebbero venduto in seguito. Questo portò ad ulteriori penurie di cibo sul mercato e ad ulteriori aumenti dei prezzi.
    Per considerazioni militari, il governo ordinò che il rifornimento di cibo destinato ai soldati, agli impiegati governativi e ai lavoratori dell’industria militare dovesse essere mantenuto a qualunque costo. Oltre a questa spinta verso l’inflazione, le massicce attività militari nel Bengala, che venivano fondamentalmente finanziate con il lavoro straordinario delle stamperie della moneta, condussero ad un’inflazione generale, che colpì in modo particolarmente duro la popolazione impoverita delle campagne.[13]
    Il 16 Ottobre del 1942, un uragano provocò un’onda alta cinque metri, che inondò l’intero delta inferiore del Gange. Esso distrusse il raccolto dell’inverno, disseminò di sale una gigantesca area di terra, uccise circa 14.500 persone e il 10% del bestiame. Il legname per la cremazione dei cadaveri non era disponibile, e la putrefazione dei cadaveri provocò la contaminazione dell’acqua potabile e infine la diffusione del colera e di altre malattie contagiose.
    Per quanto riguarda le misure di assistenza introdotte dopo l’inondazione dell’autunno/inverno del 1942/43, il governo restituì solo un terzo del cibo che era stato ritirato in precedenza dal Bengala. Ulteriori forniture di cibo da altre zone dell’India vennero acquistate solo durante la primavera successiva quando la carestia del Bengala era in pieno svolgimento. Questo di nuovo portò ad un aumento generale dei prezzi.
    Il governo non pensò mai ad esercitare un controllo legale sui prezzi degli alimenti essenziali.
    Poiché i trasporti militari avevano la precedenza assoluta, il sistema indiano dei trasporti non fu in grado di fornire maggiori quantità di cibo al Bengala.
    Anche se la legge inglese in India aveva stabilito che in caso di carestie avrebbero dovute essere applicate misure di emergenza, la carestia del Bengala non venne mai riconosciuta come tale, non venne dichiarato lo stato di emergenza, e perciò non venne presa alcuna drastica contromisura per migliorare la situazione. Non fu fino all’Ottobre del 1943 che il governo inglese prese atto della situazione di emergenza, ma continuò a rifiutarsi di introdurre ogni misura necessaria di aiuto.



    Vittime delle sterminio per fame nel Bengala (1942-1945) durante la loro cremazione.

    La responsabilità inglese



    I dati statistici riguardanti il Bengala degli anni 1942-44 rivelano che la disponibilità di cibo fu la più scarsa in un arco di almeno 15 anni, e probabilmente più bassa dell’11% rispetto al 1941.[14] Questa penuria di cibo provocata dalla guerra e dalla catastrofe dell’inondazione potrebbe non essere stata sufficiente, da sola, a scatenare una carestia tanto enorme, tale da condurre 4 milioni di persone alla morte per fame, tra le quali circa un terzo dell’intera popolazione dei senza terra. Si trattò in realtà di una combinazione di diversi fattori a provocare la catastrofe, della quale portano la responsabilità principalmente le autorità inglesi di occupazione, fattori che sono così riassumibili:

    a) Il capitalismo inglese modello Manchester distrusse il sistema sociale tradizionale e causò l’impoverimento di larghi settori della popolazione.

    b) La soppressione del movimento d’indipendenza indiano e la mancanza di volontà degli inglesi di aiutare i ribelli indiani in difficoltà.

    c) Una politica militare attuata in modo spietato sulla pelle dei settori socialmente deboli della popolazione, che assomiglia in parte alla politica di Stalin della “terra bruciata”.

    d) Mancanza di volontà e incompetenza, da parte dei colonizzatori, nel riconoscere la catastrofe della carestia e nell’introdurre contromisure appropriate, specialmente importazioni di cibo.



    Un paragone europeo



    Le catastrofi che vennero provocate dall’imperialismo inglese non sono limitate al subcontinente indiano. Per molti aspetti, la storia delle sofferenze irlandesi assomiglia a quella dell’India, sebbene gli irlandesi abbiano sofferto molto più a lungo e più spaventosamente sotto l’Inghilterra di quanto sia accaduto agli Indiani. James Mullin ha scritto su questo argomento nel giornale The Irish People:

    “[…] Sembra che gli impiegati statali coloniali inglesi in India abbiano provocato una carestia simile, come fecero in Irlanda un secolo prima. […]”[15]

    Inoltre, una caratteristica straordinaria di questo elenco orribile di genocidi e stermini mondiali, provocati dall’imperialismo inglese (attraverso guerre, epidemie e carestie), è la totale assenza di una qualsiasi consapevolezza pubblica [di tali fatti] in Inghilterra. L’analisi degli scritti riguardanti la storia inglese mostra ad esempio, che la carestia irlandese degli anni 1845-1847 è trattata con poche righe al massimo. E, come Mullin fa notare, può difficilmente sorprendere il fatto che la carestia del Bengala non sia menzionata affatto.

    Anche se l’India importò circa 1.8 milioni di tonnellate di cereali prima della guerra, l’Inghilterra si assicurò che l’India avesse un surplus di esportazione di riso a livelli record nell’anno finanziario 1942/43.

    “La cattiva situazione del Bengala venne discussa nel Parlamento Inglese durante una riunione a cui partecipò solo il 10% dei membri.

    Ripetute richieste di importare cibo in India (400 milioni di persone) portarono alla fornitura di circa mezzo milione di tonnellate di cereali negli anni 1943 e 1944. In contrasto con questa misura fu l’importazione netta in Gran Bretagna (50 milioni di persone) di 10 milioni di tonnellate solo nella seconda metà dell’anno 1943.”

    Churchill negò ripetutamente ogni esportazione di cibo in India, a dispetto del fatto che circa 2.4 milioni di indiani prestavano servizio nell’esercito inglese durante la seconda guerra mondiale.

    Il Premio Nobel Amartya Sen è sopravvissuto alla carestia del Bengala, avendo all’epoca nove anni d’età. Egli ha raccontato di quante persone affamate e morenti apparissero improvvisamente dal nulla. Secondo l’opinione del prof. Sen, sono sempre i sistemi politici dispotici che sono affetti da catastrofi dovute alla fame, mai le democrazie, perché esse devono prestare più attenzione ai bisogni basilari delle persone. Considerando, tuttavia, che la democrazia non ha preservato l’India, il Bangladesh e altri paesi del terzo mondo dal soffrire gravi carestie, l’opinione di Sen è certamente semplicistica.

    Nell’India coloniale e in Irlanda, gli inglesi hanno governato in modo dispotico. Essi esercitavano un potere assoluto, che spesso corrompe in modo totale, come è ben risaputo. Ma governi corrotti hanno poco interesse nel fermare una carestia, quali che siano le ragioni del suo accadimento. In Irlanda, come pure in India, il cibo avrebbe potuto essere disponibile, se non con una redistribuzione, anche per mezzo di importazioni massicce o di un cambiamento delle politiche repressive, ma non c’erano incentivi per tali cambiamenti. La politica coloniale inglese fu animata esclusivamente dallo sfruttamento delle sue colonie per quanto i popoli soggetti lo avrebbero permesso senza importanti ribellioni.



    Opposte attenzioni



    In anni recenti, il giovane storico tedesco Christian Gerlach si è fatto conoscere per il suo esame della politica alimentare del Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale. In due monografie egli ha affermato che il Terzo Reich, in base alle esperienze acquisite durante la prima guerra mondiale, fece qualsiasi cosa per assicurare che la popolazione tedesca non soffrisse a causa della fame durante la guerra. A tale scopo, le risorse alimentari dei territori occupati vennero utilizzate per garantire i bisogni della Germania, trascurando deliberatamente i bisogni alimentari delle popolazioni occupate. Secondo Gerlach, questo fu particolarmente vero per i territori orientali che vennero temporaneamente occupati dai tedeschi durante la campagna di Russia. Di conseguenza, i due libri di Gerlach riguardanti tale argomento, che vennero pubblicati dall’editore comunista Jan Philipp Reemtsma, hanno titoli eloquenti: Guerra, nutrizione e genocidio, e Omicidi Calcolati: La politica tedesca economica e di sterminio nella Russia Bianca dal 1941 al 1944.[16] Gerlach è certamente corretto nella misura in cui il governo del Reich riteneva prioritario il nutrimento delle truppe combattenti e del suo stesso popolo rispetto al nutrimento dei gruppi di popolazione essenzialmente inattivi delle zone occupate. Sotto questo aspetto la politica della Gran Bretagna assomiglia a quella della Germania dell’epoca, entrambe improntate ad una logica puramente bellica. C’è comunque una bella differenza: mentre la situazione alimentare nelle zone dell’Unione Sovietica occupate dai tedeschi era disastrosa in certe aree non a causa di provvedimenti tedeschi, ma a causa della politica della “terra bruciata” attuata da Stalin durante la ritirata sovietica – un fatto cui Gerlach quasi non dedica attenzione – la corrispondente penuria e l’inflazione dell’India furono essenzialmente la conseguenza della politica inglese.

    Purtroppo bisogna anche aggiungere che, come sempre, le atrocità tedesche, vere o presunte, ricevono un’attenzione unilaterale e spesso distorta da parte dell’opinione pubblica, mentre descrizioni equilibrate e studi comparativi di eventi analoghi che sono accaduti altrove nel mondo vengono generalmente evitati. Questi ultimi, infatti, potrebbero mettere in dubbio la presunta unicità della “malvagità” tedesca e una cosa del genere è, come si sa, politicamente scorretta e perciò indesiderabile.



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    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo in inglese dell’articolo può essere consultato all’indirizzo: http://vho.org/tr/2003/1/Pfitzner71-75.html .

    [2] Mohiuddin Alamgir, Bangladesh, Bangladesh Institute of Development Studies, Dacca, 1978, p. 48.

    [3] Mohiuddin Alamgir, Famine in South Asia [La carestia nell’Asia meridionale], Oleshlager, Gunn & Han, Cambridge, 1980, p. 59.

    [4] C. Walford, “The Gamines of the World: Past and Present” [I monelli del mondo: passato e presente], in Journal of the Statistical Society, 41 (3) (1978), pp. 436-442.

    [5] A. Loveday, The History and Economics of Indian Famines [La storia e l’economia delle carestie indiane], Bell & Sons, London 1914, p. 135.

    [6] Per questo vedi Paul R. Greenough, Prosperity and Misery in Modern Bengal, Oxford University Press, New York/Oxford, 1982, pp. 42-61.

    [7] Riguardo agli effetti disastrosi dell’applicazione integrale della teoria del libero mercato in India, vedi S. Ambirajan, Classical Political Economy and British Policy in India [Economia politica classica e politica inglese in India], Cambridge University Press, Cambridge, 1978, specialmente le pagine 59-100 dedicate a varie carestie.

    [8] Paul R. Greenough, op. cit. (nota 5), pp. 61-70.

    [9] Amartya Sen, Poverty and Famines [Povertà e carestie], Oxford University Press, New York/Oxford, 1981, pp. 52-85.

    [10] Peter Bowbrick, How Sen’s Theory Can Cause Famines [Come la teoria di Sen può provocare carestie], Quality Economics, Nottingham, 1997; P. Bowbrick, A refutation of Professor Sen’s theory of Famines [Una confutazione della teoria sulle carestie del prof. Sen] . Institute of Agricoltural Economics, Oxford, 1986.

    [11] Per questo, vedi la Lettera all’editore di Peter Bowbrick, “Tatsachen, Theorie und der Nobelpreis”, in Vierteljahreshefte fur freie Geschichtsforschung 4 (3&4) (2000); in inglese: “Fact, theory and the Nobel Prize” [La realtà, la teoria e il Premio Nobel]; in rete: www.vho.org/VffG/1999/3/Bowbrick.html

    [12] Tali cause sono state riassunte in modo ottimale da Paul R. Greenough, op. cit. (nota 5), pp. 86-138.

    [13] Per questo, vedi: Sugata Bos, “Starvation amidst Plenty: The Making of Famine in Bengal, Honan and Tonkin, 1942-1945” [La fame in mezzo all’abbondanza: la causa della carestia in Bengala, nell’Honan e nel Tonchino], in Modern Asia Studies 24 (4) (1990), pp. 699-727.

    [14] O Goswami, “The Bengal Famine of 1943: Re-examining the Data” [La carestia del Bengala del 1943: riesaminare I dati], in The Indian Economic and Social History Review, vol. 27, n°4, 1990.

    [15] “British greed, grain exports and callous indifference. The 1943 famine in Bengal, India” [Avidità inglese, esportazioni di grano e cinica indifferenza: la carestia del 1943 nel Bengala, India], The Irish People (NY), 14 Novembre 1998; ho tratto da questo articolo tutte le citazioni seguenti.

    [16] Hamburger Edition, Hamburg, 1998 e 1999.



     
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  14. NAGUAL TOLTECO
     
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    CITAZIONE (GAN8 @ 17/8/2008, 08:34)
    mettilo dove vuoi......avete imparato bene la repressione di idee diverse dalle vostre ecco cosa serviva publicizzare all'infinito questo olcausto.....

    neanche tanto, se lo avessimo imparato bene questo topic non sarebbe qui ad esser letto...nemmeno mi sarei degnato di risponderti, e se l'avessi fatto l'avrei cmq cancellato...mentre invece siccome mi ritengo politicamente corretto anche se vengono dette cazzate colossali io rispondo e lascio tutto agli atti, certo ovviamente se io o la mia socia riteniamo che quanto detto sia una stronzata essendo nostro il forum ci prendiamo la libertà di classificarla come tale ponendola nell'apposita sezione...
    e nessuno se la prenda a male per questo!!
    CITAZIONE
    facevo solo un pò di storia senza offendere ,se aveste letto ,ma ripeto non importa non m'interessano gli spiriti che rimarranno fossilizzati in un odio che pensano di non avere.... agli inconsapevoli fa male spostare il punto d'unione....vi saluto!

    no no, io l'odio ce l'ho eccome non mi inganno pensando di non averlo...io odio tutti i fottuti nazifascisti del cazzo...
    ma odio anche il sionismo e i fottuti sionisti del cazzo!!

    odio il cattolicesimo, ma non per questo odio tutti i cattolici
    odio la massoneria, ma non per questo odio tutti i massoni...

    xchè allora i nazifascisti del cazzo li odio tutti e i cattolici no?
    semplice
    perchè cattolicesimo e massoneria di facciata predicano bene, promuovono valori ecc...anche se al suo interno poi per lo più non è per niente così per come predicano nelle parti basse delle loro istituzioni ci sono cmq un sacco di persone povere vittime che ci credono davvero a quei pseudovalori perbenisti predicati dalla loro falsa religione e che li mettono in pratica
    e io quei cattoli e quei massoni tuttosommato li compatisco come vittime ma li rispetto...

    mentre invece i fottuti nazifascisti del cazzo no!!!
    xchè il nazifascismo è tutto dall'inizio sino alla fine solamente MERDA!!
    non c'è il predicare bene e il razzolare male,
    il nazifascimo predica male e razzola ancora + male!!
     
    .
  15. TomPe
     
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    Un monumento a te NAG...
    io sto qua l'avrei preso a pedate dove non batte il sole:D
     
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31 replies since 16/8/2008, 12:08   5696 views
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