Trattato di Lisbona e pena di morte.

Un'altro piccolo passo verso il NWO?

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  1. genioboy
     
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    Il "Trattato di Lisbona" (noto anche come "Trattato di riforma") è il trattato redatto per sostituire la Costituzione europea bocciata dal no nei referendum francese e olandese del 2005.
    Sembra che in maniera poco trasparente reintroduca la pena di morte in alcune situazioni, come se il paese è in guerra o in caso di disordini, insurrezioni e altro. Riporto qui di seguito alcuni articoli.



    L’eurocrazia reintroduce la pena di morte. In segreto.



    In nessun Pese europeo è ormai in vigore la pena capitale. Ma ora, tutti stanno per introdurla senza saperlo - o senza dirlo - semplicemente per il fatto di ratificare il Trattato di Lisbona, la cosiddetta costituzione europea. Lo segnala Helga Zepp-Larouche (la moglie di Lyndon), messa a sua volta sull’avviso da un insigne gruppo di giuristi tedeschi ed austriaci (1).

    Uno di loro, il professor Albrecht Schachtschneider, uno dei quattro giuristi che stilarono uno storico esposto contro il Trattato di Maastricht, ha spiegato come la pena di morta venga reintrodotta alla chetichella. Non è citata nel testo del trattato, ma in una nota di una nota a piè di pagina.

    Proprio così: chi accetta il Trattato di Lisbona accetta con ciò anche la Carta dell’Unione Europea. La quale proclama: la pena di morte è abolita, ma poi rimanda ad una nota a piè di pagina, in cui si legge: «Eccetto che in caso di guerra, di disordini, di insurrezione» (war, riots, upheaval). La cosa è di estrema gravità giuridica.

    Un intero super-diritto penale speciale viene affermato in una nota, senza alcuna definizione dei reati da punire con la pena suprema. Chi decide che i «disordini» eventuali hanno raggiunto un’intensità tale da far sospendere l’abrogazione della pena di morte? Quali tribunali la irrogheranno? Tribunali speciali, appositamente allestiti per l’emergenza? E quando una serie di proteste di massa comincerà a venire giudicata come «insurrezione», passibile di morte?

    Ed anche la menzione del caso di guerra, che potrebbe sembrare accettabile (molti Paesi mantengono la pena suprema nel diritto di guerra), assume invece una terribile ambiguità nel contesto del Trattato di Lisbona.

    Difatti, per la Clausola di Solidarietà, ogni nazione europea è tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro «azioni terroristiche» in qualunque altra nazione. Ovviamente, nota Helga Zepp, il concetto di «azione terroristica» è molto indefinito, colmabile a piacere dei significati più opportuni. Chi ha il potere di definire un atto «terroristico»?

    Quello almeno lo sappiamo: Israele. Il popolo eletto ha il potere di definire «terroristici» gli atti di autodifesa del popolo palestinese come dei libanesi sciiti (Hezbollah) o addirittura designare interi stati (Siria, Iraq, Iran) come «terroristi», e la definizione di Israele viene immediatamente adottata dai servi noachici europei.

    Come noto, Sion cerca continuamente di ampliare la latitudine della fattispecie delittuosa: i proclami dell’imam di Carmagnola sono «complicità in terrorismo» per i vari ministri dell’Interno, e sono costati al patetico personaggio l’espulsione con decreto di polizia, extra-giudiziale: gli è andata ancora bene, col Trattato di Lisbona rischiava la testa. Ma noi, sotto il Trattato, ci resteremo.

    La critica ad Israele per le atrocità contro i palestinesi è - come ha sancito l’esimio giurista delle note-spese truccate, Napolitano - puro e semplice «antisemitismo». Dunque già quasi «complicità in terrorismo». Ancora uno sforzo (del «grande amico di Israele», il Salame) e rischiamo tutti di finire impiccati: a piè di pagina. Ossia in qualche scantinato del Viminale, o della Corte Europea? Non si sa.

    Il testo del Trattato di Lisbona viene ratificato di nascosto dai parlamenti nazionali, senza discussione pubblica nè dibattito aperto. In Germania, dice Zepp-LaRouche, il testo non è stato nemmeno pubblicato (e non vorrei sbagliare, nemmeno in Italia). Del resto, così com’è, è incomprensibile per i non addetti ai lavori.

    Per comprenderlo, bisogna integrarlo passo passo con la Costituzione europea defunta - quella che fu bocciata per referendum da Francia e Olanda nel 2005 - perchè ad essa fa riferimento Lisbona. E in che modo?

    Con un trucco ben noto al sistema parlamentare-leguleio italiano: la inserzione. Il trattato di Lisbona è tutto un seguito di espressioni come: «Articolo 5, punto 9, sotto-sezione 2 - la parola A è sostituita dalla parola B». E ciò per 400 volte. Solo dopo che uno studente di legge di Lipsia s’è accollato la fatica, e l’ha postata su siti web, il governo tedesco ha messo in circolazione il testo.

    Alcuni giuristi, fra cui il citato Schachtschneider, e il professor Hans Klecatsky, uno degli estensori della costituzione austriaca, hanno dunque esaminato il lavoro di taglia-e-cuci burocratico. Hanno ritrovato la pena di morte per «disordini» a piè di pagina, e molto di più.

    Soprattutto, il definitivo esautoramento dei parlamenti: di quello europeo, il solo corpo elettivo della UE, e a maggior ragione dei parlamenti nazionali, chiamati solo a ratificare senza discutere ciò che decidono la Commissione e il Consiglio. Anche e soprattutto in caso di «guerra, disordini, insurrezioni» e «atti di terrorismo»: basta che uno Stato, un ministro Frattini qualunque (2), proclami che è in corso un «atto di terrorismo» (i quali, come sappiamo, possono esesre provocati «false flag»), e tutti i Paesi si trovano in guerra, senza diritto di esenzione nè di veto.

    E’ comicamente significativo che l’onnipotente Commissione si arroghi la decisione su tutto, tranne che sulla «politica estera e sulla sicurezza»: a decidere quelle per noi ci pensa la NATO. Ossia Us-raele. Che abbiamo visto come decide e definisce i «terroristi»: domani, non potremo più rifiutarci a partecipare alla prossima invasione per il bene di Sion.

    Ripetiamo: tutto ciò sta passando alla chetichella, di nascosto dai cittadini. Zitti zitti piano piano. La prova viene da uno scoop del Daily Mail irlandese (3).

    L’Irlanda è il solo, ultimo Paese, in cui il Trattato di Lisbona sarà sottoposto a referendum popolare, perchè così prevede la Costituzione irlandese (che poi sarà abolita). Il giornale è venuto in possesso di un memorandum al governo britannico, in cui la diplomatica britannica Elizabeth Green rende noto il risultato di un suo incontro dietro le quinte con Dan Mulhall (direttore generale al ministero Esteri irlandese per la UE): costui assicurava i britannici che il governo irlandese si impegna in una campagna di disinformazione attiva dei suoi cittadini, «concentrando l’informazione sui benefici generali della adesione alla UE più che sul trattato di Lisbona in sè».

    Nessuna pubblicazione, sordina alla «libera» stampa (che «liberamente» accetta di tacere). Il governo irlandese ha persino chiesto alla Commissione di Bruxelles di «moderare il tono o ritardare ogni annuncio» che possa essere «controproducente», nel senso di svegliare gli elettori alla realtà. Il governo irlandese ha anche deciso la data del referendum, il 29 maggio, «ma ne ritarderà l’annuncio in modo da tenere il campo del No all’oscuro» fino all’ultimo, sicchè non abbia tempo di preparare una campagna d’informazione efficace.

    Non credo che questo atteggiamento abbia avuto mai un precedente: mai nella storia un governo eletto, che esercita la sovranità del popolo per sua delega, deve aver venduto la sovranità ad una burocrazia trans-nazionale e irresponsabile in questo modo surrettizio. E’ chiaramente una situazione che può giustificare «disordini» e «insurrezioni» da parte dei popoli traditi. Ma come abbiamo visto, l’eurocrazia si è premunita con nota a piè di pagina.

    La rivolta contro l’oligarchia non eletta è diventata delitto di Stato, gli oppositori alla vendita sono nemici di Stato, i soli contro cui si applica amcora la pena capitale. Lesa maestà del Mostro Freddo. Il Mostro Freddo è ormai sicuro del fatto suo.

    La ratifica del Trattato di Lisbona è ancora incompleta, ma già gli oligarchi non-eletti di Bruxelles hanno deciso di come dotare il futuro presidente della UE (già deciso anche quello: deve essere Tony Blair) dei simboli di «status» che gli competono (4). Barroso gli ha dato una «residenza ufficiale tipo Casa Bianca», uno staff personale di 22 persone, e avrà anche un jet presidenziale tipo Air Force One.
    fonte: http://www.effedieffe.com/content/view/2870/165/


    Un commento con all'articolo precedente con i riferimenti agli articoli della legge:
    Claudio Giudici
    Firenze , maggio 23, 2008 16:27

    In merito al Trattato di Lisbona, sono sorti alcuni dubbi circa la ricostruzione “più pessimistica” relativa agli esiti che potrebbe avere la parzialissima rivisitazione del trattato già bocciato dai cittadini francesi ed olandesi.

    La prima questione a suscitare perplessità è quella della clausola di solidarietà relativa agli interventi armati per cui formalmente viene richiesta l’unanimità decisionale.

    Primariamente, dobbiamo tenere presente che il Trattato di Lisbona, per come è giuridicamente strutturato, è una mostruosità. Per comprendere cosa intendo per mostruosità, si pensi un po’ alla figura dell’Azzeccagarbugli de I Promessi Sposi. Per comprendere cosa in positivo debba essere una costituzione, dobbiamo invece portare l’attenzione verso la nostra Costituzione della Repubblica, nonché alla facilità di lettura di quello che è l’atto fondante della nostra convivenza civile. Purtuttavia, anch’essa, nonostante sia molto chiara, viene da un trentennio costantemente travisata, soprattutto per quanto concerne l’attuazione dell’art. 3, nonché l’azione interventista che lo Stato deve avere in economia desumibile da una decina di articoli del dettato.

    Il Trattato di Lisbona, a parte l’innumerevole quantità di articoli che la versione consolidata presenta (358 articoli a cui sono da aggiungere quelli relativi ai protocolli che rappresentano circa il 45% dell’intero trattato), fa riferimento anche – e questo lo spiega nel dettaglio il costituzionalista tedesco, il prof. Schachtschneider – alle “spiegazioni ai Diritti Fondamentali”.

    Tutto ciò basterebbe per respingere questo trattato, che in quanto atto fondante di un processo costitutivo, dovrebbe non solo essere promosso da rappresentanti direttamente eletti a tal fine, ma anche portare ad un documento dalla facile lettura per tutti i cittadini europei.

    Ma venendo allo specifico dell’osservazione fatta sulla clausola di solidarietà, bisogna tenere presente come nella realtà stia funzionando la cosiddetta unanimità all’interno dell’Unione Europea. Si pensi al recentissimo caso del Kossovo. Dove era là l’unanimità? Vi è stato il dissenso esplicito della Spagna all’indipendenza kossovara, tuttavia la UE ha ugualmente proceduto in questa direzione. Quando gli Stati più forti decidono un’azione, quelli più “provinciali” non fanno altro che seguire. Uno stato come la Spagna, tutt’altro che “provinciale” nella UE a 27, si ritrova ad essere rappresentato da un’Europa, contro la sua volontà, pur essendo richiesta per quel tipo di decisione l’unanimità.

    La tendenza è quella di seguire gli stati più forti. Dunque, di fatto, siamo di fronte ad un direttorio. Che di ciò si tratti, lo suggerisce anche il fatto che la partecipazione concreta ad azioni di peacekeeping è solitamente di un gruppetto di stati. Dunque quelli che non partecipano sono incentivati a sorvolare perché il fatto di non partecipare con propri uomini – ma solo indirettamente, in quanto membri di quell’Europa in nome della quale i singoli eserciti in concreto partecipanti, agiranno – li mette al riparo da problemi interni con la propria opinione pubblica.

    Di fatto, si è costituito un esercito europeo corrispondente in toto, a parte 5 elementi su 27, alla Nato. Viste le finalità storiche della Nato, si comprende l’agitazione che la dirigenza russa sta avendo a questo riguardo (la quale invita i membri Nato a riformulare i propri scopi d’azione).

    Quindi a questo proposito, la soluzione sta: o nel non avere alcun tipo di esercito europeo, oppure nel riformulare completamente gli scopi della Nato.

    In ogni caso, mettere sotto la competenza della UE questo punto, vuol dire di fatto metterla nelle mani degli Stati più forti e non dell’Europa, in quanto essa non ha un organo legislativo eletto (il Parlamento europeo è solo consultivo) e non ha un Governo scelto dai rappresentanti parlamentari o dai cittadini europei.

    Un altro punto su cui sono sorte diverse perplessità è quello relativo alla pena capitale.

    I 358 articoli del Trattato di Lisbona, e neanche i protocolli annessi, ne fanno riferimento. Ma come già accennato è con la “spiegazione ai Diritti Fondamentali” che si allarga la portata della previsione in materia, fino ad aprire la porta ad interpretazioni per cui la pena capitale, per casi tutt’altro che definibili a priori, può essere reintrodotta.

    Quello che qui si rischia sono le interpretazioni “fantasiose” – questo è il termine utilizzato da coloro che con grande non curanza, quasi non tenessero conto dei recenti precedenti su altre questioni, stanno prendendo sotto gamba le implicazioni che il Trattato di Lisbona potrà avere. Tuttavia queste interpretazioni “fantasiose” sono quelle che hanno consentito a recenti precedenti legislativi e/o istituzionali di rappresentare dei veri e propri cavalli di Troia in favore del privilegio dei pochi ed a danno dell’interesse generale. Si pensi a livello nazionale, al primo decreto Bersani quando veniva accusato di essere uno strumento in favore delle catene commerciali. A tali timori si poteva rispondere: “Dov’è scritto ciò? Dove si parla di catene commerciali? Qui si vuole solo far sì che tutti possano avere sotto casa ogni genere di negozio!”. Sappiamo tutti com’è andata, e sappiamo tutti che la utopica questione per cui tutti si possa avere sotto casa ogni genere di negozio, non è più ricordata dalla fine degli anni ’90, ossia da quando le catene commerciali si sono prese il 70% del mercato a tutto danno dei “centri commerciali naturali” (i piccoli negozi). Oppure, a livello internazionale, si pensi al Wto. Con esso il commercio prevarrà sulla vita delle persone, sulla salute, sull’ambiente, dicevano alcuni. Ma dov’è scritto ciò? Rispondevano i suoi apologeti. Visto il paradigma dominante dagli anni ’70, ossia quello dell’homo homini lupus, la funzione della normativa relativa al Wto ha finito col mettere in discussione le conquiste in materia di salute o di ambiente, dominata dal solo dio del libero commercio.

    Nel dettaglio di ciò che riguarda l’Unione Europea, il prof. Schachtschneider afferma: “La prassi dell'Unione di estendere estremamente i testi sui doveri degli stati membri non autorizza ad escludere anche una tale interpretazione, quando la situazione lo comanda o lo consiglia.” Comunque, vista la complessità della cosa, è opportuno rifarsi alla lezione, La legittimazione della pena di morte e dell'omicidio, del prof. Karl Albrecht Schachtschneider (che riporto per intero).

    La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (CDFUE) permette espressamente nelle "spiegazioni" ai Diritti Fondamentali e nelle sue "definizioni negative" – assorbite nel Trattato di Lisbona – contrariamente all'abolizione della pena di morte vigente in Germania, Austria e altri paesi in conformità con il principio [costituzionale] della dignità dell'uomo, la reintroduzione della pena di morte in caso di guerra o in caso di diretto pericolo di guerra, ma permette anche l'omicidio per reprimere una sommossa o un'insurrezione. Decisivo per questo non è l'Art. 2 Paragrafo 2 della Carta, che proibisce la condanna a morte e l'esecuzione capitale, bensì la spiegazione di quest'articolo, integrata nel Trattato [di Lisbona], che risale alla Convenzione sui Diritti Umani del 1950. Secondo l'Art. 6 Par. 1 e Sottopar. 3 del Trattato sull'Unione Europea (TUE) nella versione di Lisbona, vengono definiti i diritti, le libertà e i principi fondamentali della Carta in conformità con le disposizioni generali del Titolo VII della Carta, che regola l'esposizione e l'applicazione degli stessi, tenendo in debito conto le "spiegazioni" allegate alla Carta, in cui vengono indicate le fonti di queste disposizioni. La rilevanza giuridica delle "spiegazioni" sgorga anche dal Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo della Carta, secondo il quale l'interpretazione di questa avviene "tenendo in debito conto le spiegazioni elaborate sotto l'autorità del praesidium della Convenzione europea". Il Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo e il Paragrafo 7 dell'Art. 52 sono stati reinseriti nella Carta il 12 dicembre 2007. Erano già presenti nel naufragato Trattato Costituzionale del 29 ottobre 2004. Questo allargamento del testo smentisce il temporaneo successo della politica contro la pena di morte e l'esecuzione capitale. Le "spiegazioni" riguardano anche e proprio l'Art. 2 Par. 2 della Carta (M. Borowsky, in J. Meyer, Kommentar zur Charta der Grundrechte der Europäischen Union, 2003, Art 2, Rdn. 18).

    Le deleghe all'Unione nel campo della politica estera e di sicurezza comune sono sufficienti affinché, nell'interesse dell'efficienza delle missioni secondo l'Art. 28 (42) Par. 1 S. 2 (Il numero in parentesi si riferisce alla "Rinumerazione del trattato sull'Unione Europea". Per orientarsi meglio, cfr. la tabella di corrispondenza della Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea a http://eur-lex.europa.eu/LexUr...29:IT:PDF.) e Art. 28b (43) Par. 1 TUE, o anche nell'interesse della difesa, sia reintrodotta la pena di morte; ad esempio la delega al Consiglio tramite l'Art. 28b (43) Par. 2 S. 1 TUE sulle decisioni riguardanti le missioni, che permette "di stabilire le condizioni generali di attuazione valide" per le missioni stesse. A ciò non partecipano né il Parlamento Europeo né tanto meno i parlamenti nazionali. Una decisione del genere andrebbe valutata in combinazione con l'Art. 2 Par. 2 della CDFUE, con le sue spiegazioni. Inoltre gli stati membri si impegnano con l'Art. 28 (42) Par. 3 Sottopar. 2 S. 1 TUE, "a migliorare progressivamente le proprie capacità militari". Le guerre del passato e del presente dimostrano che la pena di morte, ad esempio nel caso di soldati che si rifiutano di eseguire gli ordini, tende a incrementare notevolmente le capacità militari di un esercito. L'efficienza di misure militari può essere incrementata, tra l'altro, per mezzo dell'esecuzione di terroristi e sabotatori o anche presunti tali. La prassi dell'Unione di estendere estremamente i testi sui doveri degli stati membri non autorizza ad escludere anche una tale interpretazione, quando la situazione lo comanda o lo consiglia. Per inciso, il dovere di riarmo di questa prescrizione non è compatibile con il principio pacifista, vincolante, delle costituzioni tedesca (preambolo della Grundgesetz, Art. 1 Par. 2, Art. 26 Par. 1) e austriaca.

    Nella Dichiarazione riguardante le Spiegazioni della Carta dei Diritti Fondamentali, che secondo l'Art. 49b (51) TUE ("Allegato") sono parte costituente dei Trattati, dunque sono parimenti vincolanti, sta scritto:

    3. Le disposizioni dell'articolo 2 della Carta corrispondono a quella degli articoli summenzionati della CEDU e del protocollo addizionale e, ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 3 della Carta, hanno significato e portata identici. Pertanto le definizioni "negative" che figurano nella CEDU devono essere considerate come presenti anche nella Carta:

    a) articolo 2, paragrafo 2 della CEDU:

    "La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:

    a) Per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale;

    b) Per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta;

    c) Per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un'insurrezione";

    b) articolo 2 del protocollo n. 6 della CEDU:

    "Uno stato può prevedere nella propria legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e conformemente alle sue disposizioni ..." (Cfr. il testo sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, in data 14.12.2007, su http://eur-lex.europa.eu/LexUr...035:IT:PDF).

    Sommosse o insurrezioni possono essere viste anche in certe dimostrazioni. Secondo il Trattato di Lisbona, l'uso mortale di armi da fuoco in tali situazioni non rappresenta una violazione del diritto alla vita. In guerra si trovano attualmente sia la Germania che l'Austria. Le guerre dell'Unione Europea aumenteranno. Per questo, l'Unione si riarma – anche con il Trattato di Lisbona.

    Come sottolinea Schachtschneider, sono il punto a) sub c) ed il punto b) quelli che aprono le porte ad una serie di interpretazioni, che a seconda delle opportunità del caso, possono legittimare la pena capitale da parte del Trattato di Lisbona. In piena crisi finanziaria e nell’avvitarsi di una fase iperinflattiva sui generi di prima necessità, il punto a) sub c) è più attuale che mai. Ma anche il punto b), vista la partecipazione di 14 stati alla sola guerra in Iraq, legittima l’introduzione della pena capitale da parte di molte nazioni.
     
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